Elisabetta Ciraulo - Il Campanile Enna

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Elisabetta Ciraulo

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Elisabetta Ceraulo

Vita della Serva di Dio  Suor Elisabetta Ceraulo - Terziaria
Castrogiovanni 1561-1627

Enna, Convento di Montesalvo


La Serva di Dio Suor Elisabetta Ciraulo è nata a Castrogiovanni nel 1561 da Benedetto Ciraulo e Antonia Sant'Angelo.  E' morta il 6 febbraio 1627. Al suo funerale, nella chiesa di Montesalvo, accorse una grande folla,  che, per devozione, fece a pezzi la sua tunica, per trarre delle reliquie. E Dio, per mezzo di esse, operò molti miracoli.
ll suo corpo fu sepolto nel Convento di Montesalvo, in un luogo particolare «ab aliis seiuncto» (separato dagli altri).

Queste, in sintesi, sono le uniche notizie arrivate oggi della Serva di Dio, terziaria francescana, Suor Elisabetta Ciraulo. L’aver ritrovato un libro del 1700 dove si parla devotamente di lei, ha gettato nuova luce sulla sua grande  forza spirituale, oltre che fisica, dati i tempi in cui è vissuta, e ci ha convinti a rendere partecipe la comunità ennese di   avere avuto tra i suoi concittadini questo raro     esempio di donna forte e generosa. La sua vita è stata un tormento  profondo e doloroso nel matrimonio e forte e perseverante nella sua vita spirituale, che lei avrebbe voluto fosse monastica, ma la non accettazione dei frati ha contribuito a far sì che fortificasse la sua fede nell’obbedienza ai Padri e alla  carità ai poveri. Forse, dal punto di vista strettamente umano, è stato un bene che la vita secolare non si sia privata della sua presenza, perché questo ha dato maggiore conforto agli "ultimi", accomunandoli in un unico Corpo con Lei e con la  Madre Chiesa. La preghiera incessante e costante che l’ha vista protagonista assoluta nella vita della comunità di Monte Salvo ha visto coinvolti un’intera comunità fino ad aprirsi all’intera collettività ennese. Parlano  di lei gli exvoto che sono stati deposti nella Chiesa di  Montesalvo, giusto riconoscimento alle sue tante preghiere intercessorie, a favore di coloro i quali Le imploravano misericordia. L’Ordine Francescano Secolare ennese si è arricchito  di questa grande figura di donna fedele ai principi della Chiesa, ispiratrice della santa Fraternità Francescana.                 

     Rino Spampinato

Dal LEGGENDARIO FRANCESCANO, stampato in Venezia nel MDCCXXI


Ebbe Suor Elisabetta i natali nella Città molto forte di Castrogiovanni in Sicilia da Benedetto Ceraulo,  ed Antonia S. Angelo nell'anno 1561, i quali educarono la Fanciulla nel Santo timor di Dio, e nelle opere di pietà Cristiana. Arrivata all'età di 12 anni fu dai Genitori data in matrimonio ad un uomo della stessa Casa, Ceraulo , con cui non si potè  effettuare il trattato per lo spazio di anni sei, per causa della parentela trovata fra loro in terzo grado, essendovi necessaria la dispensa, la quale non si potè avere da Roma, se non dopo 6 anni, come sì è detto. Si celebrarono dunque le Nozze  ( benché avessero per tutto il detto tempo, in cui stavano attendendo la dispensa, abitato insieme, ed ella avesse partorito due figliuoli, ed avesse anche vissuto con poco timor di Dio), ma dopo un anno ad  Elisabetta morì il Padre; onde il Marito  cominciò a maltrattarla con parole, e con fatti, a combatterla ed oltraggiarla, ed alla fine, dopo otto anni, la abbandonò, fuggendosene in paesi stranieri; Rimasta sola si diede sfrenatamente alla sensualità, amando le galle ed i passatempi  del Mondo, non attendeva ad altro che a sollazzi giuochi e pratiche poco oneste, in modo tale, che scordatasi completamente di Dio, si diede tutta alle vanità del senso. Ma il Padre delle misericordie mosso a pietà di quell' Anima,  che gli costava  il sangue, la toccò nell'interno, facendole conoscere lo stato miserabile in cui si ritrovava; perciocché cominciò di giorno, e di notte a piangere tanto amaramente le sue colpe, che ogni mattina il guanciale era bagnato dalle  lacrime. Concepì in somma contrizione sì intensa dei suoi peccati, che a grandissime voci domandava a Dio pietà, pregandolo di darle grazia di scioglierla da quei lacci diabolici, nei quali si vedeva avviluppata; ed ecco che il pietoso Signore,  volendo far ritornar la pecorella al suo ovile, esaudì le sue giuste preghiere, facendola prima discostare da tutte le occasioni di non offenderlo più, e poi dandole un'intenso desiderio di servirlo con tutto l'affetto del suo Cuore. Per eseguire  questo santo proposito s'accompagnò con alcune donne timorate e di Spirito, con le quali parlava spesso di Dio, e degli eccessi del suo Divino Amore, e discorrendo un giorno del Santissimo Sacramento dell'Altare si sentì, Elisabetta, così stranamente  commuovere nell'interno, che piena di fervore esclamò: "O se fossi degna di trovarmi a  quella Sacrosanta Mensa, come vorrei saziarmi di quelle preziose vivande"; quando appena disse questo, sentì nella sua Anima dolcemente dire:  Figliuola , io son Padre  amoroso, che desidero la salute ai miei figli  infermi, perciò vedi, e domanda ciò che desideri , che io sarò pronto a compiacerti. Al che, con grande confidenza, ella rispose: Io Signore, altro non voglio, se non che  voi stesso . E a quel punto Iddio le diede un dolore così grande dei suoi peccati, che disfacendosi in lacrime si propose,  più tosto mille volte, se fosse stato possibile, morire, che per l'avvenire offendere la Divina bontà.



Fatto questo proposito accadde, che stando ella un giorno ritirata in un cantone a fare le orazioni , e pensando alla sua vita così malamente menata, le parve di vedere che Cristo Nostro Signore, sedendo sopra d'un Trono molto risplendente,  gli mostrasse un luogo schifoso, dove stavano molti Porci, ed ivi un Vaso rotto in più pezzi, ch'era tutto lordato da quegli  immondi animali, le dicesse: Che l'Anima sua, raffigurata in quel Vaso, era stata per l'innanzi, per la sua mala vita, simile  ad esso; il quale Vaso avendo ella, per ordine di Cristo, preso nelle sue mani e portatolo avanti al Signore, nello stesso punto gli parve che tutti quei pezzi si fossero riuniti insieme, ed il Vaso fosse divenuto molto bello e mondo; allo stesso tempo  le parve altresì, che il Signor le dicesse, come essendo quella l'anima sua, la sapesse così conservare , e tenere monda.
Sparì poi la Visione restando assai consolata, e con brama grandissima di esser tutta di Dio. In questo tempo ella ebbe certo avviso della morte di suo Marito, onde vedendosi libera da legami del Matrimonio, si risolse di farsi Religiosi,  ed era assai incline a prendere l'Abito dell'Ordine del Carmine, ma stando una notte in orazione pregando Dio di volerle mostrare la sua volontà, vide in visione che il nostro Padre San Francesco, stando avanti il Trono della Maestà Divina, chiedeva  al Signore che Elisabetta fosse posta nel numero delle sue Figlie, e che Cristo gli rispose che di quella Creatura ne aveva cura la Santissima Madre, e però ad essa lo chiedesse; Ciò fatto dal Serafico Padre, la Gloriosa Vergine  graziosamente lo compiacque ; onde rese dal Santo le dovute grazie alla gran Regina del Cielo, disparve la Visione. Ciò veduto da Elisabetta comprese abbastanza la Divina Volontà , cioè , che pigliasse 1'abito del Terz'Ordine del nostro Padre  San Francesco; Quindi, chiestolo umilmente, e non senza lagrime, stimandosene indegna, fu di esso vestita dai nostri Padri Osservanti, che allora erano ancora nel Convento di Santa Maria di Monte Salvo in Castrogiovanni, e detestando di nuovo tutte le  vanità del Mondo, si vestì di una tonaca di ruvida lana sopra la nuda carne, dormendo in terra sopra una sola tavola, ma per non dimostrar al Mondo la penitenza che faceva, si vedeva nella sua stanza un lettino pulitamente accomodato.  

Digiunò sempre tutte le Quaresime del nostro Padre San Francesco, disciplinandosi ogni notte, e per il più, infine, all'effusione del sangue; portava di più, cinta nei lombi, una grossa catena di ferro, per domar in quella maniera  il suo Corpo, ed avendo fatto voto di Castità, detestò per sempre ogni altro Sposo terreno consacrando solamente a Gesù Cristo tutto il suo Cuore. La sua Orazione era quasi continua, avendo compartite le ore del giorno in questa maniera: Alzatasi  dal duro riposo, la mattina se n'andava nella nostra Chiesa di Monte Salvo, ed ivi se ne stava ascoltando le Messe , occupandosi in fervorosa orazione, fino a che il Sagrestano andava a chiudere la Chiesa; ritornata a casa prendeva un poco di cibo e finito  il mangiare si dava, fino all'ora della Compieta, agli esercizi manuali , procacciandosi con quei lavori, come insegna l'Apostolo, il vitto quotidiano, e dispensando la maggior parte ai poverelli, verso i quali era Madre amorosissima. Sonata poi la Compieta,  ritornava alla Chiesa, ed ivi stava in orazione sino all’Ave Maria. Questo modo di vivere osservò sempre sino alla morte, non facendo stima né del caldo l'Estate, nè del freddo o pioggia l'Inverno, per trovarsi pronta ogni mattina a lodare  il suo Dio; il desiderio era così grande di far Voto di stretta Povertà, come fanno i Religiosi, che più volte ne fece istanza ai suoi Padri Spirituali, ma le fu sempre proibito. Con tutto ciò fu da lei tanto amata, che quanto possedeva dava  tutto ai mendicanti, spogliandosi fin delle vesti e degli utensili di casa, reputando ogni cosa per vile, purché arrivasse a godere il suo Celeste Padre, nel quale teneva riposte tutte le sue ricchezze. Nella Virtù dell'Ubbidienza ai Superiori e  Confessori fu singolare, non facendo mai azione, anche minima, che prima non la consultasse con essi. Parlava sempre di Dio e dei suoi Santi. Frequentava i Sacramenti,  e con licenza del Padre Spirituale si cibava ogni mattina del pane degli Angeli con  somma devozione e riverenza: e se alle volte il Confessore, volendo per esercizio mortificarla, le proibiva la Comunione ella, benché ciò le fosse stato di gran mortificazione, prontamente l'ubbidiva, spargendo molte lacrime per umiltà.

Le sue contemplazioni erano sempre nella Passione di Cristo e della Vergine Madre, nelle quali riceveva dal Signore molte consolazioni spirituali. Aveva grande zelo dell'onore di Dio e della sua Religione ed era adornata di tutte le Virtù;  ma nell'Umiltà così profonda, che oltre al sentire di se stessa bassamente, si considerava la più gran peccatrice del Mondo; onde credeva, ma con fermezza grande, che i flagelli, con i quali il Signore sveglia, come Padre, dal letargo delle colpe  i fedeli, fossero tutti cagionati dalle sue colpe, con le quali di continuo le sembrava d'irritare la sua Divina Giustizia . Nelle infermità e nelle cose contrarie, mostrò sempre un' invitta pazienza, come anche in molte tribolazioni  cagionategli da Spiriti maligni come si vedrà da quello che ora diremo. Non potendo il nemico del genere umano sopportare la nuova vita cominciata da Elisabetta, cominciò a muoverle una guerra crudele , molestandola e maltrattandola anche con durissime  percosse; una volta fra l'altro, la percosse così spietatamente, che per un intero anno non potè servirsi delle gambe, avendola resa inabile al camminare. Ritrovandosi in tale stato, il Demonio si offrì di  guarirla, ma la Serva di Dio conoscendo l’inganno, intrepida, con questa risposta lo confuse: Allontanati padre delle menzogne, poiché tu solamente puoi avvelenare, ed il mio Signore Gesù Cristo può dare la salute. Un'altra volta le comparve  il Demonio in forma orribile per atterrirla, rinfacciandole d' aver commesso tanti peccati, e che la sua Anima era di già in suo potere come destinata agli eterni tormenti, onde quanto faceva era vano, e senza alcun costrutto; al che rispose Elisabetta:  Vattene da me maledetto, che tu tanto puoi, quanto vorrà il mio amato Signore non sminuirò, ma bensì accrescerò le mie penitenze; ed egli si partì confuso, restando la Serva di Dio vittoriosa.



Exvoto raffigurante Montesalvo, presso la Chiesa di S.Francesco di Paola
"sacerdote Aurelio Barresi, di Enna,per i medici in agonia senza speranza,
evoca per la salvezza della vita S.Francesco di Paola, aD. 1779"


Tomo II,  

Molte altre volte le comparve gran moltitudine di Spiriti Infernali sotto figure diverse, che le riempivano tutta la casa per spaventarla e distoglierla con ciò dall'orazione: Ella però, ferma e costante, ricorrendo ai piè del Crocefisso  ed all'Arcangelo San Michele era da lui subito soccorsa, persuadendola ad armarsi con lo scudo del SS. Sacramento dell'Altare e con la spada della Santa Fede, come poi fece, avendo messo in fuga quegli empi, essa era rimasta contro di loro vittoriosa;  Quindi in avvenire non ebbe mai più timore delle loro vane illusioni, anzi rimaneva consolata dal Signore con non poche consolazioni Divine. Stando una volta in orazione questa Serva di Dio, vide alla maniera di Giacobbe, una Scala che arrivava dalla  terra al Cielo, in cima della quale v'era una gran Porta aperta, dentro di cui le sembrò di vedere il Paradiso, di una bellezza così rara, che non potendosi da lingua mortale esprimere, rimase anch'essa confusa per non saperla spiegare.
Soleva quest'Anima  fervorosa, quando andava alla Chiesa,  contemplare il suo Amante Gesù, quando, scalzo e povero, assieme con gli Apostoli andava per il Mondo evangelizzando il suo Regno; il qual devoto esercizio quanto fosse grato al Signore volle manifestarlo alla  sua Serva nella seguente occasione.  Caduta una volta Elisabetta giù da una scala (credesi spinta dal Demonio che la perseguitava), si ruppe una gamba ed un braccio con intensissimo suo dolore; ed in questo le apparve Gesù Cristo con i suoi Apostoli,  il quale ponendosi a sedere sopra il suo letto, si mise a consolarla dicendole che era andato, con tutti i suoi Discepoli, a visitarla perché anch'ella le faceva compassione nel modo suddetto quando andava alla Chiesa, e del quale gli era molto grato  e di sommo piacere.

Indi confortandola a star di buon animo e perseverare ad amarlo sino alla fine, disparve il Signore, dalla cui celeste visita rimase cosi confortata, che in breve recuperò la salute. Un'altra  volta, stando in Orazione, vide due strade, una molto spaziosa larga e piena di fiori, e l'altra molto angusta e piena di spine; e le fu detto da un Angelo, che eleggesse quale delle due le fosse in piacere
 la Serva di Dio s'elesse la seconda, lasciando la prima deliziosa ed amena volendo in questo significare ch'ella voleva al più presto morire, che offendere mai la Divina Bontà, che tanto l'amava. Volle finalmente il Signore che fosse portata in  spirito, e con visione intellettuale anche all' Inferno, dove vide le pene atrocissime di quelle anime sciagurate, le quali passando dal fuoco alle nevi e dai geli all' arsure, provavano insieme dell' uno e dell' altro i tormenti, e piena d' orrore ascoltava  le grida lamentevoli, gli urli tremendi e le bestemmie esecrande che le loro bocche disperate vomitavano.  Osservò anche alcuni luoghi particolari a forma di pozzi, pieni di fuoco ma con catene ferrate, e domandando la Serva di Dio chi vi fosse dentro,  gli fu risposto esservi condannati tutti quei Religiosi che nel Mondo avevano mostrato, nell' esterno solamente, esser buoni, e nell' interno poi erano stati viziosi e peccatori, onde non è meraviglia se fosse ella poi stata penitente così aspra  contro se stessa. Il Venerando Padre Fra Antonino da Patti di cui scrivemmo la Vita sotto il 26 di Gennajo ) essendo Visitatore Apostolico nella Riforma di Sicilia, ebbe pensiero, stimolato da motivo di perfezione, d' introdurre che i nostri Religiosi  non confessassero nelle nostre Chiese e Conventi i secolari, per aver più tempo di poter attender alla vita contemplativa ; e desiderando sapere, se ciò fosse stato servizio di Dio, ricorse, conoscendo la sua santità, a Suor  Elisabetta, pregandola instantemente a far orazione particolare al Signore, acciò si degnasse mostrarle la sua Divina Volontà. La Serva di Dio orando una notte, ebbe rivelazione esser gran servizio suo e del prossimo, l'esercizio  d'amministrare il Sacramento della Penitenza; e che il Signore accetta questo travaglio come un martirio ed opera di perfetta pietà. Il che, inteso dal Padre Antonino, sì quietò l'animo, rimettendosi a quanto gli fu detto dalla  Serva di Dio, avendo gran concetto della sua perfezione. Morto il Padre Antonio da Bisàquino,  Confessore di questa Serva del Signore, una notte, mentre ella pregava per quell'Anima, ecco che le comparve, ringraziandola della sua  carità, per certificarle, che per grazia del Signore si trovava già nel  Cielo, dopo esser stato qualche tempo nel Purgatorio per alcune sue colpe d'impazienza naturale; Ma la Serva di Dio lo pregò di volerle rivelare chi avesse più gloria  nel Cielo, o esso, oppure il Venerabile Padre Frà Angelo da Caltagirone, per i cui meriti il Signore operava tanti miracoli.
A questo rispose l’Anima: ch'ella godeva un grado più del detto Padre Frà Angelo, per la ragione ch'egli esercitò sempre l'uffizio della Predicazione e della Confessione a beneficio delle Anime, il che non fece il Padre Frà Angelo,  e ciò detto scomparve. Da  questo si vede chiaramente di quanto merito sia vicino la Maestà Divina esercitarsi in aiuto delle Anime redente col suo preziosissimo sangue.
In tempo, che passò da questa vita il detto Venerabile Padre  Frà Angelo da Caltagirone (cioè l'anno 1610 ), questa gran Serva di Dio vide (come nella di lui vita si racconta sotto il 9 di Gennajo) quell'Anima andar al Cielo accompagnata  da molti Angeli, a cui gli andò incontro il nostro Serafico Padre con molti Santi e Beati della Religione, assistendo anche Cristo Signor nostro con la sua Santissima Madre, e che quando arrivò il Padre S. Francesco lo abbracciò teneramente e  lo baciò in fronte come sogliono fare i suoi Religiosi; dopo questo, Frate Angelo gli raccomandò tutti i Frati, e quelli che si gli raccomandavano, benedicendoli, li si  vide cadere in quel luogo come una gran pioggia di raggi di fuoco in segno  delle grazie, che il Signore faceva per intercessione di Frat'Angelo, da lui raccomandati. Dopo fu vestita la sua Anima di vesti Sacerdotali e posta fra Santi e Beati della Religione.
Vide un’ altra volta, questa Serva di Dio, che ad una persona, confessandosi al suo Padre Spirituale, gli uscivano dalla bocca molti Serpenti velenosi, e che uno più grande degli altri gli usciva ed entrava di nuovo più volte.  Di questo Suor Elisabetta se ne affligeva e piangeva inconsolabilmente, pregando la Divina Maestà per quell'Anima meschina.  Non si scrivono tutte le Rivelazioni, Estasi, Visioni e Ratti di questa Serva di Dio, perchè non furono notati  da suoi Confessori, sebbene fu sempre stimata fino all’ ultimo istante della sua vita, sì da Religiosi, come da Secolari per Anima molto cara al  Signore, quantunque essa si sforzasse a tutto di potere  nascondere le sue buone opere e si stimasse  per vile e miserabile peccatrice. Giunta finalmente a morte, carica di meriti, avendo ricevuti tutti i Santi Sacramenti, con somma devozione, passò dalle tenebre di questa vita presente all'immensa luce della vita Beata con gran  fama di santità.

Questo accadde il 6 di Febbrajo dell'anno1627 all’età di 60 anni e 38 anni dopo la sua conversione.
Al suo funerale partecipò quasi tutto il popolo, tagliandogli in pezzi la Tonica ed altre sue piccole cose, operando Dio molti miracoli. Il suo Corpo fu sepolto nel nostro Convento di Monte Salvo in luogo particolare. I miracoli di questa  Serva di Dio, per trascuratezza dei Frati, non furono raccolti.
Solamente il Padre Francesco da Pietraperzia, essendo allora Chierico nel Convento di Monte Salvo in Castrogiovanni, testimoniò di aver visto venir dalla Città di Calascibetta una Donna vessata dai Demoni, portata a gran forza da suoi parenti, la  quale gridando diceva, che Suor Elisabetta la tormentava, ed entrata in Chiesa e postala sopra la di lei sepoltura videro che d'un subito tutti i mattoni ch'erano murati con la calce ben forti sopra di essa, si staccarono ad un tratto da se stessi, il  che fu di gran stupore a tutti, restando poi quella Donna miracolosamente libera.

Tutto ciò si racconta nella Cronica di Sicilia Parte 2. lib. 10 Capp. 5. e 6. Raccolto dai Processi, che si conserva nell'Archivio del Convento di Messina Tomo 3.



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