Montagna di Marzo, il teatro romano e l'area sacra - Il Campanile Enna

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Montagna di Marzo, il teatro romano e l'area sacra

I luoghi della memoria

post pubblicato il 28/10/2012, edito da F.Emma sulla base delle informazioni esplicative del Prof. Sandro Amata durante l'escursione a Montagna di Marzo organizzata da "Sicilia Antica, Enna"  il 20 /10/2012. (foto F.Emma)



L'area archeologica
di Montagna di Marzo



Montagna di Marzo vista da contrada Fundrò

Il massiccio di Montagna di Marzo è ubicato a nord-ovest del centro urbano di Piazza Armerina, in una vallata prospiciente al torrente Olivo. La montagna, circondata da un’alta corona di colline, offre una notevole visione panoramica: a est il Cozzo Rametta, a sud il Monte Manganello, a ovest il Monte Polino, a nord il Monte Ramursura e le contrade Serra d’Api e Balatella, tutti luoghi di interesse archeologico.
Sulla sommità di Montagna di Marzo, su un pianoro di circa 15 ettari, era edificata un'
antica città identificata in epoca recente con Erbesso. Gli studiosi pensavano che si trattasse  di un centro indigeno poi ellenizzato.
Nel 1998 con un finanziamento, si aprì uno scavo, condotto dal prof. Sandro Amata, che permise di cambiare la storia di Montagna di Marzo. Lungo un tratto del muro di cinta che circonda tutta la città, allargando lo scavo,  si mise in evidenza un muro semircolare con blocchi squadrati regolari indicatori di un edificio di una certa importanza, a cui corrispondeva al di là del muro di cinta che lo aveva tagliato in due, il resto della costruzione.
Si trattava dei resti delle fondazioni di un teatro di epoca romana. Con questo scavo si riscrisse la storia di Montagna di Marzo. Al villaggio arcaico ed alla città greca era seguita una importante e ricca città romana. La scoperta del teatro romano fu il primo passo per la riscoperta di un impianto urbano romano. Dopo la seconda guerra punica, i romani raso al suolo l’intero abitato, (in quella occasione anche Morgantina punica fu distrutta ed Enna punita con la strage dei suoi cittadini), ricostruirono una città romana, con il teatro, il foro, altri edifici pubblici, e case di chiaro impianto romano.


ricostruzione grafica del teatro di Erbesso
(per gentile concessione del Prof. Sandro Amata)















Purtroppo ancora lo scavo del teatro non è stato completato. Questa città un tempo ricca e popolosa sembra ancora scontare la maledizione di qualche antica dea
all'oblio, alla dispersione delle sue ricchezze, alla completa distruzione.
Più grande di Morgantina ed a lei sopravvissuta, era conosciuta come area archeologica fin dalla fine dell’800. In quell'epoca già circolavano reperti appetibili ai collezionisti di tutto il mondo, si parlava di statue di bronzo di dimensioni  colossali. Le sue ricchezze hanno alimentato il  mercato clandestino per tutto il secolo scorso a tutt'oggi, dalle sue viscere sono emersi per poi immediatamente risommergere, sarcofagi di bronzo e di marmo, armature di antichi eroi, e ceramiche tra le più preziose al mondo. I livelli dell’abitato sono stati riscavati per tre volte da tre generazioni di clandestini.
Nella divisione delle terre del feudo di cui fece parte dopo l'ultimo insediamento bizantino, nessuno degli eredi voleva la contrada di Ramorsura perché era un tappeto  di ossa umane.

Si calcola che di tutta la necropoli di Montagna di Marzo solo l'1 % è stata scavata dalle sopraintendenze negli ultimi 60 anni, il resto dai clandestini. Delle ricchezze presenti nelle tombe a camera caratteristiche della necropoli, è rimasto ben poco  e quel poco disperso in vari musei. In uno di questi scavi sono state rinvenute due tombe di guerrieri siculi con armature, ed un corredo di 200 vasi a tomba, attualmente conservati presso i musei di Agrigento e Caltanissetta.
Su 15 vasi a vernice nera, sul fondo sono presenti iscrizioni in lingua sicula che ci rimanda all’invasione delle antiche popolazioni della Sicilia. Le iscrizioni riportano il nome del Re Italo o Sicelio da cui venne il nome della Sicilia nel 1100 a.c. E'  l’unico luogo in cui sono stati rinvenuti vasi che attestano la presenza di questo nome. Negli anni 70, poi la ricerca si fermò, non quella dei clandestini che ancora oggi continua.


Isola gialla:
contrada Ramorsura, l’area di necropoli più grande di Montagna di Marzo.
Nella divisione delle terre del feudo nessuno voleva la contrada di Ramorsura perché era un tappeto  di ossa umane.
Negli anni 60 la sopraintendenza ricoprì con le ruspe 5000 tombe, disposte su tre livelli romano, greco arcaico.
Tutte le aree gialle sono le aree di necropoli

Impianto urbano:
lettere A e I.


Aree celesti (N):
aree sacre al di fuori della città della città.

L'area azzurra (G):
area artigianale molto grande con fornaci per i metalli e laterizi, rinvenute nel corso di uno scavo che ha riscritto la storia di Montagna di Marzo.

(per gentile concessione del Prof. Sandro Amata)

Sull'estremità del pianoro prospiciente alla contrada di Ramorsura, gli ultimi scavi effettuati nel 1998 hanno messo in evidenza un area con blocchi di arenaria utilizzata come necropoli in età bizantina. Quest'area prima di essere riconvertita a necropoli, era un’area sacra ellenistica caratterizzata da un grande recinto con sacelli e templi che si estendeva su tutta la collina fino all'area dove in epoca romana fu edificato il teatro. Troviamo infatti tracce dell’area sacra anche tra le sue fondamenta. I bizanti ristrutturarono area del teatro in magazzini. Contrariamente ai Greci, che costruivano le necropoli fuori della città, i Bizantini riadattarono in necropoli zone vicine all’abitato. Costruirono tombe smontando i blocchi dei templi.


Area sacra greca


Nella area sacra erano presenti altari, saccelli e templi. Fu smantellata in epoca bizantina per riadattarla a necropoli, all'interno dell'area sacra è stato rinvenuto un pozzo in cui venivano gettatte le offerte votive.



Blocchi in arenaria che costituivano le fonadamenta del tempio nell'area sacra ellenica.

















Resti delle fondamenta dell'area sacra





















Tomba bizantina costruita con blocchi del tempio, chiusa con  blocchetti e calce.

















Altare greco all'interno del quale è stata scavata la
sepoltura di un bambino

















lo scavo della sepoltura per un bambino



















lastre utilizzate per ricoprire le tombe.

La caratteristica delle tombe di quest'epoca è nell'utilizzo di materiale costituito da pietrame di varie dimensioni, inzeppature di tegole, conci da riuso uniti da malta.

(foto Grazia Silvia Guasto)















L'area del teatro romano


Siamo a livello delle fondazioni, non esiste l’alzata del teatro, perché i bizantini hanno completamente smantellato  la cavea  ed il porticus  che dava sulla piazza. Lungo il basamento si notano le basi delle colonne.  
Il porticato era caratterizzato da colonne in pietra ma anche da colonne fatte con pezzi di tegole assemblati con la calce intonacate all’esterno. E' presente un altare, caratteristica dei primi teatri romani. Nelle zone sacre dove si veneravano gli dei che proteggevano gli edifici o gli spettacoli.




Muro semicerchio analemma settentrionale,
era il muro che chiude il teatro.




















la base del Porticus di accesso al teatro























l'altare nell'area del teatro






















Negli scavi del teatro un colpo di fortuna. Intorno all’altare si è ritrovata la discarica dello smantellamento del teatro. Ammonticchiati intorno all’altare, pezzi di statue togate, decorazioni architettoniche in terra cotta, maschere  teatrali, e altra cosa particolare pezzi di intonaco bianchi segnati da iscrizioni in greco e latino che narravano delle storie, anche con disegni, tra cui un disegno di una bellissima barca. Tutto questo nei magazzini del museo.

Al centro che ornava la scena  e con funzione di raccolta delle acque  della cava, si trovava una cisterna decorata  con un pozzo monumentale, anche questo caratteristico dei teatri del III secolo.

















La cavea è costruita su un terrapieno, che realizza una collina artificiale.  
Nella terra di riporto sono presenti monete ed altri oggetti della distruzione della città, fra questi oggetti rivestono importanza notevole 30 piccole fuseruole in terra cotta, funzionali ai telai. L'importana risiede nel fatto che le fuseruole, in questo caso riportavano il nome ed il cognome con un numerale finale che indicava l’appartenenza alle tribù che risiedevano nella città. Una anagrafe delle persone e delle etnie, l'elemento greco, punico, italico, la varietà delle etnie è  testimoniata dai nomi presenti in queste fuseruole.
Le iscrizione dei vasi e delle fuseruole testimoniano le persone di un certo periodo storico contrariamente a Morgantina dove non sono stati riscontrati riferimenti a persone specifiche a parte gli argenti di Epolemo.
Ad est rispetto alla zone del teatro, la necropoli con i rinvenimenti dei guerrierei, la cinta di fortificazione e l'area di discarica della città ellenistica, piena di frammenti ed altro materiale.
Nella parte finale la porta meridionale costruita con blocchi enormi.
Dopo il villaggio arcaico, le città grece e romane, l' insediamento bizantino, vi fu la presenza araba dislocata in casali. Successivamente l'area diventò un feudo che perdurò fino ai nostri giorni.

Dopo lo scavo arrivò un finanziamento europeo  che permise di espropiare alcune aree. Fu creato anche un apparato didattico ormai distrutto. Attualmente tutta l'area è ancora in mano ai clandestini gli unici che continuano a scavare.
La cornice ambientale di un certo fascino è ancora intatta, il luogo che da un punto archeologico potrebbe dare tanto è totalmente abbandonato.

vai al post: "l'identificazione della città di Erbesso





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