Il Colera del 1837
GIUSEPPE ALESSI e il COLERA DEL 1837
Salvatore Presti
Una virulenta epidemia di cholera-morbus scoppiò nel 1837 a Palermo, dove si verificarono i primi casi di mortalità. Il contagio si diffuse rapidamente anche nelle città portuali di Catania, Siracusa e Messina, e quindi nelle "città di minor conto", minacciando di diffondersi per tutta l’isola. Enna, allora Castrogiovanni, innalzò un cordone sanitario, specie ad occidente, lungo i confini con la provincia palermitana. Fu necessario un contingente di 216 uomini per coprire, 24 ore su 24, i settantadue corpi di guardia dislocati sul vasto territorio comunale. Un avviso pubblico informò i cittadini sui provvedimenti sanitari presi nella capitale e sulla organizzazione del cordone, ma risultò alquanto difficile salvaguardare la città dagli ingressi clandestini.
In quel tempo la città era dotata da una efficiente organizzazione sanitaria potendo contare su 27 tra medici, chirurghi, levatrici e farmacisti, oltre ad un ospedale attrezzato con due sale degenti, ubicato nell’area dove oggi sorge il Palazzo del Governo. Per il protrarsi del blocco sanitario "paralizzati si veggono il commercio e l’industria con gravissimo danno". Vennero a mancare i generi di prima necessità e di conseguenza "fame e tumulti andarono a braccetto". I notabili ennesi, "civili, possidenti, preti regolari e secolari, mastri di bottega ed impiegati, con in testa la civica università" inviarono, l’8 luglio 1837, una supplica al Magistrato responsabile " per dispensare gli abitanti a non essere obbligati a portarsi in luoghi paludosi, in sì nociva stagione" essendo loro "nati e avvezzi a respirare un aere puro".
Il Canonico
Giuseppe Alessi
I dettagli di quegli avvenimenti ci vengono descritti da Paolo Vetri nella Storia di Enna (Vol. II – rist. ed. Ila-Palma, PA, 1978) che nelle pagine della ricostruzione storica di quei tragici mesi vissuti dalla popolazione, c’informa che i "supplicanti si sono sempre comportati così in ogni epidemia, preferendo abbandonare le loro produzioni alla discrezione dei villici, senza sorveglianti, preferendo la sottrazione di generi a loro danno […] pur di scanzare inevitabili malori di febbri ardenti miasmatiche, diarreghe, dissenterie ed altre".
Nel 1867 un'altra epidemia di colera infestò la sicilia e quindi Castrogiovanni. Tra le vittime Luigi Colajanni, padre di Napoleone.
Al divieto di commerciare, si ordinò la chiusura dei fondachi e locande, tradizionali alloggi dei vetturali e carrettieri. Con il diffondersi dell’epidemia, scoppiarono gravi disordini di piazza in quasi tutte le città dell’isola. Nella nostra si riuscì a contenere le dimostrazioni popolari e quando venne "scoperto il veleno, causa del terribile morbo asiatico […] Enna si giudica definitivamente salva, scioglie il cordone sanitario, riprende il lavoro, il consueto modo di vivere ed innalza alla Vergine Maria Santissima ringraziamenti e cortei processionali per averla preservata da cotanto flagello".
Dopo la prima decade di settembre "il male cominciò a declinare finché, alla fine dell’anno 1837, scomparse del tutto". Il bilancio fu pesante. Furono colpiti 13 comuni del circondario, con 2263 contagi e tanti morti.
In città furono censite poche vittime, ma registrò una grave perdita. A Catania, sua patria adottiva, il 31 agosto 1837, morì, stroncato dal terribile morbo, all’età di 63 anni, il canonico Giuseppe Alessi, un ennese illustre, teologo egregio, naturalista insigne, scrittore di patrie storie, archeologo rinomato, eccellente letterato, direttore dell’Accademia Gioenia e rettore del Real collegio di arti, esperto archeologo al museo Biscari, docente di diritto canonico presso quella Università degli studi. Enna, sua città natale, gli ha intitolato una piazza e un museo, inaugurato nel 1987, nelle cui sale sono esposte le sue ricche collezioni di reperti archeologici, dipinti, monete, opere pittoriche, stampe, idoletti, ecc, raccolti durante la sua permanenza a Catania con una "attività quasi affannosa". I suoi averi, comprese le collezioni, andarono, per testamento ai suoi diretti discendenti. I Canonici della Matrice riuscirono ad acquistare, nel 1860, le collezioni dai familiari del Canonico, sistemate e parzialmente esposte nei locali della Canonica di Piazza Duomo, fino alla definitiva sistemazione nell’attuale sede museale. Il museo Alessi è chiuso da più anni.
(Pubblicato sul Giornale di Sicilia il 1° settembre 2007 col titolo "La peste di 170 anni fa colpì a morte Giuseppe Alessi, canonico e scienziato")
il Colera
Il colera è un’infezione diarroica acuta causata dal batterio Vibrio cholerae. La sua tramissione avviene per contatto orale, diretto o indiretto, con feci o alimenti contaminati e nei casi più gravi può portare a pericolosi fenomeni di disidratazione. Oggi la malattia è considerata endemica in molti Paesi e il batterio che la provoca non è ancora stato eliminato dall’ambiente.
Trasmissione
Il colera è una malattia a trasmissione oro-fecale: può essere contratta in seguito all'ingestione di acqua o alimenti contaminati da materiale fecale di individui infetti (malati o portatori sani o convalescenti). I cibi più a rischio per la trasmissione della malattia sono quelli crudi o poco cotti e, in particolare, i frutti di mare. Anche altri alimenti possono comunque fungere da veicolo.
Le scarse condizioni igienico-sanitarie di alcuni Paesi e la cattiva gestione degli impianti fognari e dell’acqua potabile sono le principali cause di epidemie di colera.
Senza la contaminazione di cibo o acqua, il contagio diretto da persona a persona è molto raro in condizioni igienico-sanitarie normali. Sintomi e diagnosi
Il sintomo prevalente è la diarrea, acquosa e marrone all’inizio chiara e liquida successivamente (tipico è l’aspetto ad “acqua di riso”). In alcuni soggetti la continua perdita di liquidi può portare alla disidratazione e allo shock, che nei casi più gravi può essere rapidamente fatale.