Palizzi e Chiaramontani, la strage di Castrogiovanni - Il Campanile Enna

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Palizzi e Chiaramontani, la strage di Castrogiovanni

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Post inserito il 23/03/2022
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Storia medievale di Sicilia                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              
PALIZZI E CHIARAMONTANI
LA STRAGE DI CASTROGIOVANNI
di Giuseppe Mistretta
a.D. 1351
 
A cu ti leva l'onuri tu mangiaci lu cori!
Potremmo così titolare la storia veridica tratta dal secondo volume di -Storia di Enna- di Paolo Vetri, a sua volta dedotta dalle Ennensis Historia di V.Littara e dalla Cronaca di fra' Michele da Piazza.
Storicamente la massima popolare suddetta, risale a prima dell'anno 1000, al modus operandi dei saraceni, che, in più occasioni, strapparono il cuore per mangiarlo in pubblico ad alcune vittime per nulla disposte a rigettare il loro credo.
Esempio per antonomasia fu la raccapricciante sorte del vescovo di Taormina Procopio, per mano del capo saraceno Ibn-Ahmed nel 900/ca, epoca della presa della città.
La vicenda di Castrogiovanni si inserisce nel tratto di tempo storico precedente ai -Quattro Vicari del Regno di Sicilia-, di cui la nostra rubrica si è già occupata.
Saranno i catalani i violenti invasori e l'intero popolo di Castrogiovanni, l'eroe indiscusso, che, in termini di violenza, non sarà poi così diverso dai saraceni.
Lo storico ennese di fine 800 avv. Paolo Vetri, nel secondo volume della sua preziosa Storia di Enna, scrive con cura pagine cariche di realismo, indicando nomi dei personaggi e le date pressoché inconfutabili.
                  Avv. Paolo Vetri

Anno del Signore 1351
Federico III d'Aragona era morto per gotta nel 1337 ed a lui era successo il figlio maschio primogenito Pietro II (ne ebbe 9 legittimi e 5 illegittimi)
Palermo sta agli svevi, come Catania agli aragonesi, ed infatti l'ultimo desiderio del sire malato e sofferente, fu giungere per tempo a Catania per invocare la benedizione di S.Agata di cui egli era un fervente devoto.
Non fece in tempo, Federico III morì per strada in zona Paternò. Anche se nel testamento aveva espresso il desiderio di essere sepolto in Spagna, per motivi contingenti (vedi la conferenza del prof. Colletta Discendentia dominorum regum Sicilie),  fu sepolto nella Cattedrale di Catania (Tutta la dinastia o quasi, finirà entro il sarcofago di questo re)
La città di Castrogiovanni per tutto il medioevo, non solo nel 1351, epoca della vicenda, essendo al centro di Sicilia è un luogo spesso preso di mira da cavalieri di ventura, da impostori (vedi il Giovanni da Clocheria 11 anni dopo) da predicatori ed anche da guarnigioni di soldati di passaggio.
Secondo quanto affermano gli storici V.Littara, T.Fazello era estate, secondo quanto tradotto da fra' Michele da Piazza (nella sua Cronaca), era l'inverno del 1351, mese di Dicembre, con buona probabilità il giorno prima del Santo Natale.
Lasciamo che sia Paolo Vetri a narrare i fatti-
[...] Nello scorcio di Novembre nel Val di Mazzara alzavasi la voce diViva Polizzi e Chiaramonte e si uccidevano i Catalani...
...Castrogiovanni tumultuava per loro e destinato a Capitano era il cittadino Giovenco Leto Di Simone.
Allora la guerra civile accapigliatasi con vantaggio or dell'una or dell'altra fazione, produsse scambievole stanchezza, fece nascere l'idea di un accordo, che trattato e concluso nel 1350, restò sospesa la giuridica regia tutela, e la superficie dell'Isola divisa fra le fazioni rivali: Latini e Catalani[...]
Il castrogiovannese Giovenco Leto, capitan dell'Urbe inexpugnabilis in quel tempo, era Chiaramontano di parte, della fazion latina per origine, era tanto odiato da un tal Teobaldo Bibitello, anch'esso titolato cittadino di Castrogiovanni, il quale mal sopportava la presenza del Giovenco, per ciò cupamente ordiva piani e taceva e nel tempo pianificava in gran segreto la maniera per disfarsene.
Teobaldo Bibitello si insinuava nel popolo, lo fomentava d'odio e di rivalsa, alimentava lo scontento e posto attendeva.
Il conte Artale Alagona, figliuol di Blasco, signore di Catania e delle Aci, gliene porse il destro.
Questo giovine gagliardo e focoso, nel marzo del 1351 rompendo il trattato del trascorso novembre, assaliva Licata terra del conte Moncada e lungo la state, si raggirava coi suoi cavalieri armati d'affianco, nel centro dell'Isola.
 
Il Teobaldo Bibitello venutolo a sapere invia un suo messo in gran segreto, invitando il catalano per missiva ad entrare in Castrogiovanni.
Il conte Artale d'Alagona coglie la palla al balzo, accetta il giovane l'animoso invito e nell'autunno (secondo T.Fazello e V. Littara mentre secondo fra' Michele da Piazza a fine Dicembre) di quello stesso anno si presentava colla sua comitiva armata e, schiusegli le porte, per opera del Bibitello, irrompeva violentemente nella città di Castrogiovanni.
Il capitan Giovenco Leto, sorpreso da quell'improvvisa irruzione riparava nella cittadella, lasciando la gente del popolo priva di difesa.
Il Bibitello, traditore, si dava inutilmente a cercarlo perché lo voleva morto.
Senonché scendendo la notte, i seguaci di Artale, benché pochi di numero, ma insolenti assai nell'animo, non avendo incontrata alcuna resistenza, immersi nel vino, deposte le pesanti armature, violarono le più belle fanciulle.
A quel punto, gli abitanti di Castrogiovanni ripreser il civil coraggio e si scossero con gran vigore; quindi fu un gran martellar di campane a dar coraggio agli uomini ed un inseguire senza sosta e massacrare i catalani.
Furono ben sessanta i cavalieri del conte Alagona uccisi e poi fatti a brandelli.
Il Signore di Catania e delle Aci veduto il trambusto, non potendo riparare in alcun dove, implorava scusa ai Castrogiovannesi asserendo che egli disapprovava l'operato dei suoi cavalieri.
Avuta fatta la grazia, il conte A.Alagona con la sua cavalcatura fuggiva prontamente e il Bibitello, sottraendosi con viltà anch'esso colla fuga, esulava da quella patria che, pur amando, aveva tradito per gelosia di precedenza[...]
 
Letture Curiose e Divagazioni Storiche, rubrica di Giuseppe Mistretta
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