Storia dell'assistenza ospedaliera ad Enna capitolo 1
post inserito il 13/12/2014, progetto "Storia dell'assistenza ospedaliera ad Enna" di Armando Mingrino.
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Storia dell'assistenza ospedaliera ad Enna
Frate spedaliere di San Giacomo di HAUT PAS
Il primo ospedale ad Enna fu fondato dall’ordine dei Cavalieri di S. Giacomo d’Altopascio all’inizio del Trecento.
I cavalieri edificarono le loro prime strutture di ospitalità in Sicilia a Enna, a Vizzini e a Mineo sotto il titolo di S. Giacomo de Altopassu, con evidente riferimento al noto hospitale toscano che allora era incluso nella diocesi di Lucca.
Come testimonia il Liber Sancti Jacobi, il più antico testo del pellegrinaggio compostellano, nel XII secolo era iniziato un forte legame tra la Sicilia e Santiago di Compostella.
Il culto del Santo si diffuse in Sicilia dopo la conquista normanna, come si evince dalle chiese dedicate a S. Giacomo nei secoli XII e XIII ubicate in numerosissime città siciliane tra cui Enna. Gli hospitalia dei Frati Ospitalieri, collegati con la chiesa dedicata al santo, progettati come luoghi di accoglienza per i pellegrini che si fermavano alla fine di ogni giornata, per rifocillarsi, ricevere cure, pernottare e acquisire informazioni prima di rimettersi in cammino al sorgere del sole, diventarono in seguito modello per tutti i successivi ospedali in Italia e all’estero.
L'Ordine di San Giacomo d'Altopascio, detto Ordine dei Frati Ospitalieri di San Jacopo,detto anche dei Cavalieri del Tau, è un più antico ordine religioso cavalleresco, considerato da alcuni storici il più antico Ordine assistenziale, caritativo, equestre e religioso dell'era cristiana. Sorto ad Altopascio nei pressi di Lucca intorno all'anno 1050 per volontà di 12 cittadini lucchesi, riunitisi in una realtà canonicale, operativa con un Ospedale di avanguardia, ritenuto modello ed esempio per tutti i successivi ospedali in Italia e all'estero (per esempio a Parigi l'Hopital de Dieu), aveva compiti di assistenza ai pellegrini per Roma e Santiago di Compostela.
Nel 1373, da Lucca, furono inviati a Naro, nella diocesi di Agrigento, tre visitatores per coordinare le attività dei loro hospitalia dislocati sul territorio siciliano.
L'hospitale di Naro, di giuspatronato regio, fu affidato ai Cavalieri di S. Giacomo d’Altopascio molto probabilmente per la loro esperienza nella manutenzione e nella difesa delle strade battute dai pellegrini i quali erano sempre più esposti alle aggressioni di malviventi.
Nel 1459, anno l'Ordine dei Cavalieri di Altopascio fu sciolto, e l’hospitale di Naro fu elevato a Priorato e affidato all’Ordine di S. Agostino, pur conservando il titolo di S. Giacomo de Altopassu.
Nel 1487 l'importanza dell'hospitale di Naro fu tale che da esso dipendevano gli hospitalia di Enna, Licata, Nicosia, Piazza, Mineo, Lentini e, più tardi, anche la struttura di Caltagirone.
Castrogiovanni 1642, l'assistenza ospedaliera affidata ai Fatebenefratelli
di Armando Mingrino
La sanità ennese ha un luogo dove da quattro secoli i malati hanno potuto fruire di quanto la scienza medica via via ha sperimentato per la cura delle malattie: l’Ospedale. Ospedale di S. Giacomo si chiamò nel ‘600, Ospedale Umberto I° nel ‘900. Medicina e sanità si inseguono. L’una corre avanti, l’altra la insegue, la cattura in proporzioni varie, secondo le epoche, l’impegno delle comunità, le leggi degli Stati, etc.. A questa nobile gara la comunità ennese ha partecipato con passione ed impegno, sviluppando una “cultura ospedaliera” che ha dato frutti rigogliosi. Con il termine generico di “cultura” si vogliono indicare tutti quei mezzi con i quali l’uomo affina ed esplica le molteplici sue doti di anima e di corpo, procura di ridurre in suo potere il cosmo stesso con la conoscenza ed il lavoro, rende più umana la vita sociale sia nella famiglia che in tutta la società civile, mediante il progresso del costume e delle istituzioni; infine con l’andar del tempo, esprime, comunica e conserva nelle sue opere le grandi esperienze e aspirazioni spirituali, affinché possano servire al progresso di molti, anzi di tutto il genere umano (1). | ||
L’istituzione ospedaliera ha la sua origine nell’etica caritativa del Medioevo cristiano. In quel contesto gli ospedali erano spazi caritativo-assistenziali aperti a chiunque si trovasse nel bisogno, senza giudizio di merito o di colpa, senza distinzione tra esigenza sanitaria e indigenza economica. Nell’accezione propria della bassa latinità, hospitale era l’asilo gratuito. Esso funzionava da contenitore di una umanità afflitta, sofferente come la carne del suo Redentore: una umanità fatta di uomini, ciascuno con la sua specie di male, però considerati come genere umano, globalmente, più per quello che rappresentavano che per quello che erano (2). I Fatebenefratelli ne furono interpetri e protagonisti in varie parti d’Europa e d’Italia. | ||
Fondazione della compagnia dei Benfrati Nel 1538 venne fondata in Spagna da San Giovanni di Dio, la compagnia dei laici chiamata Benfrati per assistere i malati dell'Ospedale di Granada. Alla morte del Santo nel 1550 si diffuse in Spagna e In Italia, dove fondo alcuni Ospedali, fra i quali uno, ancora funzionante, a Roma nell'isola Tiberina. Nel 1572 Pio V la eresse ad Istituto Religioso dei Frati Ospedalieri di San Giovanni di Dio e successivamente Sisto V a Ordine religioso. Nel 1585 il primo Generale dell’Ordine inviò a Palermo Fra Sebastiano Ordoñez per fondarvi un ospedale. Successivamente, in Sicilia, venne affidata all’Ordine la gestione o la fondazione di altri ventuno ospedali, gran parte dei quali attivi fino alla fine dell’800. | Ospedale dei Fatebenefratelli, Isola Tiberina Roma. | |
I Fatebenefratelli a Castrogiovanni A Castrogiovanni il barone Giovanni Leandro Petroso mise a disposizione dei Fatebenefratelli un palazzo, rimasto nella memoria cittadina come “ospedale vecchio”. Nel 1630 nel palazzo del signor GiovanLeandro Petroso, con le rendite della medesima casa assegnate ai confratelli di S. Giacomo, e con un'altra di 40 onze, messa a disposizione dall' Universitá di Castrogiovanni, veniva su il Convento dei Benfratelli di San Giovanni di Dio nei pressi di Porta Palermo. L'Universitá di Castrogiovanni, dopo avere contribuito all'erezione dei Convento che li avrebbe ospitati, nel 1642 destinava loro 100 onze l'anno, ricavate da varie rendite, coll'obbligo di ricevere ed aver cura dei proietti (de li bastardelli) degli infermi e dei pellegrini. La loro operà iniata nel 1642 continuò per circa duecento anni (3). Questo ospedale prima che l’abitassero i Fatebenefratelli era stato aggregato a quello di S. Giacomo d’Altopasso della città di Naro. Il priore di quei frati, il quale era sacerdote, aveva il gran privilegio di potere portare le insegne prelatizie. L’assistenza sanitaria cittadina era stata gestita sino ad allora dalle confraternite laicali che si prendevano cura non solo degli emarginati e dei diseredati ma di tutti i bisognosi, infermi e malati, attraverso la conduzione dell’ospedale, delle carceri e dei ricoveri pii. Per affrontare il problema dell’assistenza medica con la competenza ed i mezzi sanitari necessari, l’Università assegnò ai religiosi del nuovo ordine “la casa dell’Ospedale di S. Giacomo, coll’obbligo di avere cura dei peregrini, infermi e proietti”. Per tale scopo essi ricevevano fondi che l’Università cedette poi in dotazione come rendita permanente a disposizione dell’Ordine. | Mappa catasto urbano di Castrogiovanni anno 1877 Veniva ancora denominata “Via Ospedale” la via dell’Ospedale di S. Giacomo, già in disuso. Oggi è denominata “Via Di Benedetto” e porta alla Piazza Garibaldi, dove sorge il Palazzo del Governo, la Banca d’Italia e la Camera di Commercio. | |
"l'Ospitali" nella mappa di Fra Iacopo Assorino del 1582 | ||
Nel 1809 i Fatebenefratelli lasciarono la città non avendo ottenuto l’incremento della rendita, che consentisse loro di poter dare assistenza. L’Ospedale continuò ad essere gestito dalla Compagnia dei Nobili, chiamata dei Bianchi, mentre al parroco della Chiesa di San Giovanni Battista fu affidata la giurisdizione di amministrare i sacramenti. L’attività assistenziale del convento-ospedale di Castrogiovanni, documentata presso l’archivio storico dei Fatebenefratelli, fu intensa e proficua (4). Valga a mò di esempio l’assistenza che prestavano nel 1715: erano presenti sei religiosi, disponevano di 12 posti-letto e effettuavano 350 ricoveri. La città restò comunque dotata di una buona organizzazione sanitaria formata da 27 tra medici, chirurghi, levatrici e farmacisti e l’ospedale attrezzato con due sale. Lo testimonia la tempestività con cui fu istituito il cordone sanitario in occasione della virulenta epidemia di colera del 1837 che da Palermo per varie città si diffuse sino a Catania e Siracusa (5), che impedì il diffondersi della malattia nella città. | ||
Atto del notaio Battalionti tra la città di Castrogiovanni e i Fatebenefratelli -12 giugno 1642- I Benfratelli con una rendita di 100 onze l’anno si impegnano ad assistere nel palazzo Petroso “li bastardelli, li peregrini et li infermi…” (fotoricostruzione) | ||
Dopo l’unità d’Italia vennero soppressi gli Enti e le Corporazioni religiose e demanializzato il patrimonio della Chiesa . L’Amministrazione comunale con la dismissione dei grandi conventi e monasteri ebbe a disposizione grandi spazi da utilizzare per i servizi collettivi di cui la città aveva bisogno. Con delibera del 30 maggio 1869 l’ex Convento dei Carmelitani veniva destinato a sede del nuovo Ospedale. Bibliografia 1. M. Montani, Filosofia della cultura, Las, Roma, p.41 2. G. Cosmacini, Storia della medicina e della sanità in Italia, Ed. Laterza, Bari, p. 50 3. Pirro, Sicilia Sacra, Palermo 1733, vol. I, p. 584: “Hospitalis domus Bonorum fratrum S. Ioannis de Deo Ecclesiam S. Jacobi ab anno 1642 habet”. 4. Santos, Chronologia Hospitalaria, vol. II, p. 592. 5. Vetro C., Il colera del 1837 in provincia di Caltanissetta, Archivio storico siciliano, 6, 1980 | Asta per l’esecuzione di lavori di manutenzione all’Ospedale di S. Giacomo tenuta il 20 marzo 1853 | |
Estratto dall’Archivio storico dei Fatebenefratelli CASTROGIOVANNI: Ospedale di S. Giacomo 1642-1809 Stando alle poche fonti che ne danno appena qualche cenno, la città di Castrogiovanni – “l’ombellico della Sicilia” – che dal 1927 porta l’antico nome di Enna, accolse gli Ospedalieri di S. Giovanni di Dio nel 1642. Vito Amico così si esprime: “Di tutti l’ultima, la religiosa casa Ospedale di S. Giovanni di Dio fu eretta in Castrogiovanni nel 1642 e si ha unita la Chiesa di S. Giacomo”. E in una nota apposta da Gioacchino Di Marzo si dice: “La Casa di S. Giovanni di Dio, sotto il nome di Fate-bene-fratelli, mentovata dall’Amico, siccome esistente nei suoi giorni in questa città, è stata ulteriormente abolita per deficienza delle rendite, pel mantenimento degl’infermi nello spedale”. Nel 1642, dunque, ai Fatebenefratelli venne affidato l’Ospedale di S. Giacomo con l’attigua chiesa, che era stato fondato prima del loro arrivo a Castrogiovanni. Il seguente brano d’una storia manoscritta inedita, compilata prima del 1823, riassume felicemente l’inizio e le vicende dell’opera dei Fatebenefratelli nell’Ospedale di S. Giacomo : “L’ultima Casa Religiosa che s’eresse in Castrogiovanni fu quella dei Frati di S. Giovanni di Dio, chiamati con altro nome i Fatebenfratelli nell’anno 1642, alli quali si concesse da quella Università la Casa, ossia l’Ospedale di S. Giacomo, coll’obligo di doversi ricevere ed avere cura dei Peregrini, Infermi e Projetti. A tall’uopo ebbero essi Frati l’assignazione della detta Università in più volte d’oncie 150 annuali, da esigerli sopra diversi Fondi, su i quali aveva i diritti di pertinenza la sopradetta Università, come lo eran stati assegnati all’anzidetto Ospedale; obligandosi ancora all’incontro quei Frati di doversi eriggere nella chiesa lor propria un Fonte Battesimale, e di tenervi un Cappellano perpetuo da convivere con essi loro, e ciò per essere pronto nelle occorrenze in amministrare i Sacramenti tanto agl’Infermi, che ai Projetti, ciò che leggesi in un Diploma emanato dal Vescovo Diocesano allora di Catania Monsignor Branchiforti, il quale riserbossi il diritto di poter visitare la detta Chiesa, il Sacramento dell’altare, e il Fonte Battesimale. Ma avendo dimorato colà i Frati sudetti per più anni, e non avendo potuto ottenere da quel Senato l’accrescimento delle rendite, come essi desideravano; ciò fu caggione per cui nnell’anno 1809, abbandonarono il Convento, restando l’Ospedale per i Projetti, e per gl’Infermi sotto la cura della Venerabile Compagnia dei Nobili, chiamata dei Bianchi di quella città; e al Parroco del distretto, che è quello della Parrochiale Chiesa di S. Giovambattista, la giurisdizione d’amministrare i Sacramenti ai medesimi, lochè si detega dalle Lettere di possesso, emanate in favor d’esso Parroco da quel Vescovo di Catania Monsignor D. Corrado Maria Deodato di felice memoria nell’anno 1812. Questo Ospedale prima che l’abitassero i Fatebenfratelli, dicesi essere stato aggregato a quello di S. Giacomo d’Altopasso della città di Naro (Agrigento), a quell’uopo il priore di quei Frati, il quale era sacerdote, pochi anni prima d’aver abbandonato il Convento, aveva già ottenuto, dopo una ben lunga lite, e discussione dei documenti, che s’eran ritrovati nell’Archivio del Convento, il gran Privilegio di poter portare le Insegne Prelatizie, come quelle dell’Ospedale di Naro. Adesso però per testimonianza dell’Abate Amico, si vuole in corrispondenza di quello di Santo Spirito di Sassia in Roma”. Da un’altra storia manoscritta inedita di Castrogiovanni - più antica, in due volumi – sappiamo che Giovan Leandro Petroso, “diede il suo palazzo a detti religiosi Benfratelli di S. Giovanni di Dio (per fondarvi il loro convento) e la città di Castrogiovanni li dotò di circa onze 40 annuali” . Circa l’attività assistenziale i dati non sono molti. Nel 1715 il convento-ospedale aveva sei religiosi, 12 posti-letto e 350 ricoveri all’anno. Nel 1783 aveva due religiosi e 4 posti-letto. Dal 31 ottobre 1780 al 10 maggio 1783 ebbe 35 entrati, 31 usciti e 4 morti. Dall’Inventario del 1787 si rileva che l’unica corsia dell’ospedale aveva quattro letti e che vi si trovavano di comunità il priore uscente Fr. Simone Mollica e Fr. Giovanni Scarpaci, al quale venne consegnato l’Inventario, poiché fungeva da vicario durante il Capitolo provinciale, celebrato nel luglio di detto anno. |