La Meravigliosa Nave di Ieron Minore - Il Campanile Enna

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La Meravigliosa Nave di Ieron Minore

Chi siamo > Le pagine di Giuseppe Mistretta
LE DUE DECHE
DELL'HISTORIA DI SICILIA   
DEL R.P.M. TOMASO FAZELLO (tratto da)
MDLXXIIII (1574)

De Rebus Siculis Decades Duae


Letture Curiose e Divagazioni Storiche
di Giuseppe Mistretta.

Tra tutte l'opre maravigliuose che mai si facesser in Siracusa, fu la nave di Ieron Minore, di cui non si vide mai in mare né una più bella, né più adorna. D'essa ne fa mentione Ateneo nel V libro, per autorità di Moschione.
Per fabricar questa nave, Ierone fece tagliar nel monte Etna,  tanti legnami che sarebbero bastanti a fabricar sessanta (60) galere,
e fece venir d'Italia e di Spagna, tanto rame, tanto ferro e tanta canapa e multe altre cose occorrenti a questo edifizio, che ne potea avanzare.

Architetto di questo legno, fu Archia Corinthio,
il quale vulse trecento (300) huomini ch'attendessero at disgrossare et piallare legno, ch'erano come dir proti et capo mastri, ma gli altri, che come servi et manovali lavoravan d'intorno e di continuo at diverse materie, non eran mai manco cinquecento (500) ò poco meno, a' quali tutto il giorno Archia havea cura.
La metà del lavoro di questa smisurata nave,
fu terminata in sei mesi e mezo, nel qual vi si lavorò continuamente intorno, ma dovendosi poscia varare et mettere in acqua, acciocché più comodamente si potesse finire il resto, non si puòte mai trovar alcuno per gettarla in mare, né Archia, né quanti architettori eran in Sicilia sapean trovar ingegno a muoverla.

Archimede, fu quello che trovò la maniera essend'egli famigliarissimo al re, con pochi huomini et gran maraviglia di Ierone e di coloro che lo videro, lui la condusse in acqua con extrema agevolezza et poscia in altri sei mesi si finì il resto.
I chiovi co' i quali le travi si congiungean a le tavole de' fianchi, eran in rame, pesavan dieci libre ciascuno, per esser multo spesse, non si potean ficcar nel legno, se pria non si facea il buco col succhiello.
Essendo poscia finito di metter insieme le coste e tutte l'altre assi che andavan fora, queste furon coverte di sottili piastre di piombo, ond'elle veniàn at serrarsi più insieme, poscia, con pece et canapa, s'andò turando i buchi e tutte le fessure che v'eran intorno.

La nave immensa, havea venti remi per banco et entro v'eran tre palchi; nel primo si scendea per scaglioni et non servìa se non per mercanzìe et altre cose gravi.
Nella parte di mezo, eran trenta stanze tra di qua e di là ove si mangiava, le quali havean pavimento in cui era commesso di tarsia con mirabile artifitio, tutto il successo della guerra troiana, et eran capaci di quattro letti, tra le quali stanze de' marinai ove capivano cinque letti.

Eranvi inoltre, tre camere e la cucina ove si coceva, e tutte queste stanze eran a poppa, accomodata con possenti palchi et porte, fatte con magnifico artificio.

La parte sopra, ch'era scoperta ( ponte di coperta) havea una piazza ò ver loco ove si facea esercitio secondo la proportione della nave, et v'eran anchora chiostri da passeggiare, d'intorno a' quali eran alcuni orticelli empi di herbe odorifere et bellissime piante piantate in vasi di terra et piombo, d'intorno et sopra, era pieno d'edere et viti, che co' pàmpini facean umbre grandissime.

Le viti eran piantate in vasi grandi et eran adacquate insieme con gli orti con mirabil ingegno.
Di poi v'era l'Afrodìsio, ossia il tempio di Venere, capace di tre letti lastricato d'àgate et simili altre pietre lucide di cui la Sicilia è copiosa.
Le mura della nave eran tutte di legno di cipresso, il letto et il palco medesimamente.
Le porte eran d'avorio et legni odoriferi pinte maravigliuosamente.
Innanzi poscia un loco con banche intorno da sedere, capace di cinque letti, le mura del quale eran lavorate di busso, poscia era la libreria ove si vedea una sfera at similitudine di quella del sole ch'è in Acradina.

Congiunto at codesto loco era il bagno ( da intendersi come luogo termale ) ove stavan tre letti e tre caldare di rame accomodate mirabilmente, ivi i sedili eran di bellissime pietre intagliate.
Era nella medesima nave, presso la prora, una cisterna d'acqua dulce che potea tenere parecchi barili di acqua, appresso v'era un vivaio ò serbatoio di pesci, empio d'acqua salsa ove stavan vivi assaissimi pesci.
Eran hancora le stanze pe' soldati e pe' coloro ch'eran sovrastanti alla sentina.
Per ogni lato dieci stalle da cavalli, con tutti i finimenti e provisioni che abbisognano.

Eranvi nella nave il legnaio, il forno, il mulino, il caldano del foco et tutte l'altre cose necessarie pur in lochi diversi riposti.
V'eran inoltre certi Atlanti alti nove piedi che sostenean sculture di sopra, lontani l'uno dall'altro con spatij ben misurati.
Eranvi otto torri, due a poppa due in prua, et due per ciascuna banda, d'intorno alle mura eran bastioni fortissimi.
 Nel mezo v'era una macchina fatta da Archimede che si rizzava sopra un trepiedi et che traheva sassi grossi et  Ritratto di Archimede - Domenico Fetti 1620    arme d'aste di diciotto piedi di larghezza, che tirava lontano l'ottava parte d'un miglio.

Questa et altre macchine da guerra v'eran dentro, come quelle appellate corvi et lupi, e nella sommità dell'arvoro era la Gaggia, ch'avea certe stanze di rame da tener pietre per gittar in basso nelle navi de' nimici. Queste stanze stavan due o tre huomini per una che trahevano, et i lor servi che stavan sotto nel tempo che si combattea, porgean loro per via di carrucole et cesti le pietre.

Archimede anchora trovò una tromba, per la qual si potea votar la sentina d'una sì fatta nave da un'homo solo.
Capivano in questa nave sessanta mila staia di fromento da vendere, migliaia di bariglioni di salumi, ventimila balle di lana et altre sessanta mila staia di farina per uso di chi era in nave, come soldati, marinari et passeggeri.

Questa smisurata nave, al tempo della gran carestia che fu in Egitto, Ierone la mandò in Alessandria carica di fromento e la donò al re Tolomeo, la quale, si come puòte metter spavento a' nimici de' siracusani, così ci può far fede, quanto aldilà delle favole, potesse essere in vero grande in quel tempo la ricchezza, l'ingegno e la possenza di Siracusa, tanto lodata da gli iscrittori chiamandola la maggior di tutte le città greche[...]

da: De Rebus Siculis di Tommaso Fazello.
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Biografia di Tomaso Fazello
Frate domenicano, non si sa con certezza se Tommaso, al pari di suo fratello Girolamo, abbia studiato teologia a Padova. Fu a lungo insegnante a Palermo, a partire dal 1555, presso il convento di San Domenico.
Vestì l'abito in San Domenico a Palermo e ben presto con la sua  dottrina ed eloquenza divenne uno dei maggiori oratori dell'epoca.
Nel 1558, spinto da Paolo Giovio dopo ventennali ricerche, diede alle stampe presso la tipografia Maida di Palermo il De Rebus Siculis Decades Duae, il primo libro “stampato” sulla storia della Sicilia:  la prima decade è di carattere geografico e descrittivo, mentre la  seconda è di carattere storico. Si tratta di un'opera fondamentale per  la topografia e la geografia della Sicilia, scritta in elegante latino,  importante altresì come primo esempio di topografia storica e  archeologica; contiene inoltre una storia della Sicilia dalle origini  mitiche fino ai tempi dell'autore.
Fu per dieci volte priore del convento di San Domenico a Palermo e  due volte provinciale di Sicilia. Fu tanta la sua fama che nel 1558 fu  designato come generale dell'Ordine, ma modestamente rifiutò l'incarico.
Tra le scoperte di Fazello i siti di Akrai, Selinunte, Eraclea Minoa e del tempio di Zeus Olimpio ad Agrigento.
Compose altre opere che lasciò inedite, tra le quali le Conciones variae ed il De regno Christi (sebbene quest'ultima venga attribuita da Pirro al fratello di Tommaso, Girolamo).
È stato definito Padre della storia siciliana e Livio siciliano.
A Sciacca  gli sono stati intitolati il liceo classico ed il corso principale del  quartiere di San Michele; inoltre, è stata posta, nelle adiacenze della  chiesa di San Domenico, una statua che lo raffigura.
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