La vara di Maria SS della Visitazione - Il Campanile Enna

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La vara di Maria SS della Visitazione

Storia di Enna > Maria SS. della Visitazione
post pubblicato 05/07/2017, © testo e ricerche di Rocco Lombardo, © foto ed editing di Federico Emma. E' consentito utilizzare contenuti e foto citando la fonte.


LA NAVE D’ORO

(Fercolo di Maria SS. della Visitazione)

di Rocco Lombardo

Il fercolo, ovvero la vara con cui i Nudi conducono dal duomo alla chiesa di Montesalvo il 2 luglio di ogni anno la statua lignea di Maria SS. della Visitazione, Patrona della Città, ha popolarmente la denominazione di “Nave d’oro”, certo per i riflessi dorati emanati dalla sua aurea patinatura ma anche  per alcuni sottesi richiami al “navigium” isiaco usato in epoca pagana e per l’abbagliante sfavillio dei monili che adornano il veneratissimo simulacro. Questo, fatto venire, secondo la tradizione, nel 1412 da Venezia, segue  un tragitto processionale rimasto invariato da secoli, presentandosi alla vista dei devoti sfolgorante con la sua seicentesca corona di smalti e oro e per la profusione dei gioielli votivi offerti nei secoli.
Avanza, con andatura cadenzata, collocato all’interno della maestosa vara, un manufatto che fu realizzato negli anni 1588-1589 dallo scultore napoletano Scipione di Guido, autore in quel torno d’anni per la Chiesa Madre di Enna anche del maestoso coro ligneo sistemato nell’abside del duomo, nonché  del palco dell’organo, e da lì a poco attivo a Caltagirone e Catania. Nel giugno del 1600 dipinto e indorato da Leonardo Lupo, operoso anche fuori della natia Enna, il fercolo è una grandiosa apparecchiatura  lignea avente una  base rettangolare costituita da una piattaforma delimitata da fiancate adorne di curvilinei motivi e dotata al centro di un piedistallo tronco-piramidale a forma ottagonale, destinato a far da sostegno alla statua della Madonna.
Su questo basamento poggiano, tramite plinti cubici, sei cariatidi alate a volo basso dalle delicate fattezze femminili e dalle vesti drappeggiate in pieghe leggermente svolazzanti.
Le sei statue, all’origine policrome ma nei secoli soggette ad una serie di alternanze di dorature e ridipinture colorate,  sostengono dei capitelli ionici che fanno da base ad archi a tutto sesto che sono decorati da teste alate di cherubini, collegate da un curvilineo decoro floreale,  e sorreggono  festoni pensili dal fitto fogliame.
Le arcate, che nei punti di raccordo esibiscono putti alati seduti e ne recano sulle chiavi altri atteggiati a musici e, in corrispondenza dei capitelli dal lato interno, ne ostentano ancora altri oranti, sostengono una volta originata da due crociere.
Questa, all’interno,  è dipinta in chiaro e delicato colore azzurro e se nei quattro pennacchi angolari, ben rimarcati, presenta curvilinei motivi a racemi dorati mostra la restante tondeggiante  superficie cosparsa da tante piccole stelle auree, atta ad  evocare un limpido cielo stellato in cui è incastonata a rilievo l’immagine della Trinità; all’esterno, invece, è percorsa  da costoloni che, rimarcandone l’intelaiatura architettonica, nel punto d’incrocio formano un perno su cui svetta la statuetta del Cristo Risorto, dotata del consueto sventolante vessillo.


Il secolare uso processionale ha sottoposto l’opera a continue trazioni e rischiosi sobbalzi  che le hanno provocato alterazioni statiche e strutturali e scollamenti, danni che, assieme a quelli causati da insetti xilofagi, hanno richiesto nel corso del tempo interventi riparatori.
I meglio documentati e incisivi risalgono al 1890, affidati ad Antonino Villani; al 1957, commissionati al catanese Vincenzo Fedele; al 1998, eseguiti dalla ditta Hennaion, diretta dalla restauratrice Maria Angela Sutera, che con magistrale perizia li realizzò dal febbraio al giugno di quell’anno.
Maria SS. della Visitazione
sull'altare maggiore

Altare con la nicchia
che custodisce la statua


La vara
Sequenza dell'uscita della Vara dalla nicchia e posizionamento sui baiardi
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