I luoghi di Federico II - Il Campanile Enna

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I luoghi di Federico II

I luoghi della memoria


“I  Luoghi Federiciani” ad Enna

di Cettina Rosso
Presidente della Casa d’Europa


L’analisi storica di un territorio  deve servire a fare emergere, nella consapevolezza collettiva, utili elementi di conoscenza e contributi concreti per lo sviluppo economico e sociale.
Nell’epoca attuale, l’aumento degli scambi e delle relazioni, conseguenza di una frenetica mobilità di uomini, merci ed informazioni ha prodotto, nell’intero pianeta,  la  progressiva scomparsa dell’importanza di  luoghi, come fu quello di Henna “umbilicus siciliae”, che per la loro centralità geografica hanno avuto una storia che ne connota la specificità territoriale.
A questa specificità bisogna, invece, guardare per restituire, soprattutto alle giovani generazioni, quel sentimento di “appartenenza”, che si deve tradurre in senso civico e in azione di valorizzazione del proprio territorio e di recupero del patrimonio storico e paesaggistico, visto come opportunità  di sviluppo.

Ritratto dell'imperatore svevo

(Antonio Molino)

Perfino i nemici chiamarono Federico II “Stupor Mundi”, la meraviglia del mondo: era coltissimo, raffinato, poeta e scrittore, studioso di grande talento, guerriero abile e governante acuto. La sua accesa curiosità intellettuale lo portò ad approfondire la filosofia, l'astrologia, la matematica, l'algebra, la medicina e le scienze naturali.
Con le  “Costituzioni di Melfi” tentò di costruire uno Stato nel senso moderno del termine e, già a quei tempi, l’unica via per garantire pace e sviluppo.
Vagheggiava un mondo in cui l’incontro fra culture diverse potesse diventare un cammino di conoscenza tra i popoli e seppe interpretare un periodo di profondo cambiamento, dibattuto fra integralismo cattolico e stato laico, superstizione e scienza nascente, dogmatismo e libero pensiero. Il suo atteggiamento di fronte al mondo intellettuale ci dimostra che era già pervenuto al concetto dell’unità e dell’universalità del sapere umano, attraverso il quale veniva abolita ogni differenza fra un dotto cristiano, musulmano ed ebreo, in un embrionale afflato che oggi potremmo definire ecumenico.
Aveva vedute estremamente larghe, tanto da apparire eccentriche in quel suo secolo ancora così ignorante ed era tanto accorto da capire che gli Stati nazionali ormai erano troppo autonomi perché un imperatore “forestiero” potesse assoggettarli con la forza. Allora immaginò, e cercò di realizzare, qualcosa di nuovo: una sorta di confederazione tra i vari Stati nazionali (Francia, Spagna, Portogallo, Inghilterra, Ungheria, Germania, Italia) guidati ciascuno dal proprio re per le questioni nazionali, ma uniti sotto la direzione dell’Impero: era un progetto “moderno” per quei tempi e che avrebbe cambiato dal profondo la storia dell’Europa.
Quella che auspicava era un’Europa di nazioni con identità culturali diverse e peculiari, organizzata intorno ad un progetto politico superiore comune. "Impero e tuttavia nazioni" come commenta Kantorowicz con grande sintesi. Una visione molto simile a quella che ebbe ad esprimere Charles De Gaulle nel 1950, settecento anni più tardi.
Questa è la ragione per la quale la Comunità Europea considera Federico II il suo ideale "fondatore": ignaro precursore di  avvenimenti e di  aspirazioni  che sono ancora vivi nel mondo contemporaneo, egli anticipò la visione di una civiltà europea, mediterranea e cosmopolita. È quindi lecito ritenere che possa restare, nell’apprezzamento dei più attenti osservatori del nostro secolo, oltre che lo statista, il condottiero, il legislatore, come il regnante che per primo ha cercato di applicare il precetto della fratellanza e dell’integrazione razziale, mutuato dalle esperienze acquisite nella Palermo duecentesca; come il politico che vide la possibilità di unificare l’Italia dal punto di vista non solo legislativo e territoriale ma culturale, linguistico, letterario; come l’uomo che avrebbe potuto anticipare di secoli l’avvento di una società laica ed aconfessionale, conducendo l’Italia verso il consesso degli Stati nazionali europei più progrediti. Non poco.


Federico II nasce
a Jesi da Costanza d'Altavilla, in una tenda attrezzata nella piazza principale
della cittadina marchigiana,
(immagine tratta dalla "Cronica figurata di Giovanni Villani")

Da Jesi, luogo della sua nascita, venne in Sicilia, trascorrendo la sua infanzia tra i quartieri palermitani. Divenuto re, ne vivacizzò la vita intellettuale,  rendendola recettiva e diffusiva delle correnti culturali del Mediterraneo. Contribuì con la fondazione della Scuola siciliana ad innovare la letteratura con l’uso del volgare siculo-pugliese, ingentilito dal provenzale  dei trovatori che frequentavano la sua corte. Affascinato dalla classicità, amante dell’arte e della bellezza si dedicò con proprie idee a quelle grandi creazioni architettoniche che sono i castelli e le fortificazioni del Regno di Sicilia.



Il Castello di Lombardia

Di Enna apprezzò a tal punto la posizione strategica che decise di consolidare il Castello di Lombardia , rafforzando  la sua struttura difensiva.  Nei documenti svevi  il Castello viene, infatti, definito “Castrum Regium”.

Fu su incarico della corte degli Svevi che   l’’architetto Riccardo da Lentini ristrutturò il Castello,  innalzando  venti bellissime torri per rafforzare gli imponenti muraglioni stretti attorno agli atri residenziali. Durante il periodo svevo il  Castello di Lombardia (cosi denominato perché difeso da fanti della Calabria lombarda) conobbe il culmine della sua importanza strategica; noto come uno dei più inespugnabili d’Italia  fu una roccaforte di assoluta eccellenza dove, per due volte  fu riunito il Parlamento del Regno svevo.



La Torre
di Federico


Abile falconiere e appassionato della caccia, si dice che abbia fatto edificare la Torre di Federico, residenza estiva,  concependola  come una “Domus  Regia”, vera e propria palazzina di caccia, da dove spesso   si recava  a  Pergusa, luogo ricco di acqua, boschi e selvaggina.


La Torre di Federico, uno dei maggiori monumenti federiciani, conservatisi nel nostro Paese, secondo la tradizione fu un’opera di Riccardo da Lentini  Le sue origini, secondo recenti studi, risalgono alla metà del XIII secolo, ovvero all'età manfrediana, fattore quest'ultimo che avvalora la tesi che a volerla e ad abitarvi fu il Federico svevo piuttosto che l'omonimo aragonese. Altro argomento a sostegno dell'origine sveva del monumento è l'inconfondibile impianto geometrico che caratterizza gli altri castelli di Federico II di Svevia, di cui la Torre di Enna è un mirabile esempio.



Il lago di Pergusa


Il fascino di Pergusa, la sua incomparabile bellezza naturale , le suggestioni letterarie legate al ratto di Proserpina attrassero anche Federico II, l’imperatore svevo appassionato di caccia, abile falconiere, autore di un  manuale sull'arte della falconeria (De arte venandi cum avibus, L'arte della caccia con gli uccelli), di cui molte copie illustrate nel XIII e XIV secolo ancora sopravvivono.


Così Ovidio nelle  Metamorfosi :
“…. non lontano dalle fortificazioni di Enna, si trova un lago denominato Pergo, dalle acque profonde. I rami donano frescura, la terra bagnata i fiori purpuri; è un’eterna primavera”
Ed ancora Aristotele nel  De mirabilibus auscultationibus:
“ In Sicilia nei dintorni della città chiamata Enna, si dice ci sia un luogo attorno al quale dappertutto dicono che cresca un’enorme quantità di diversi fiori per tutto l’anno, e molto tale luogo soprattutto sia pieno in maniera sterminata di viole che riempiono di soave odore la terra intorno, così che quando c’è la caccia, pur possedendo i cani un forte senso dell’odorato, divengono impotenti ad inseguire le orme delle lepri.”

Fu  Federico II, nel “Colloquium Generale “ di Foggia del 1240 a dotare  Enna dello stemma raffigurante l’aquila bicefala, segno del forte legame che il sovrano ebbe con la città.

Proprio come testimonianza di quel progetto moderno che l’imperatore ebbe tentando di  unire i suoi territori (Regnum Siciliane e Imperium) come primo tassello di un’Europa unita, che ancora oggi stenta a realizzarsi, è nata nel 2007 la Settimana Europea Federiciana “ Federico II e il Sogno Europeo” per mantenere vivo il ricordo del sovrano che dotò la città dello stemma con l’aquila imperiale.
Il 9 maggio si celebra la Festa dell’Europa, giorno della dichiarazione di Schumann da cui partì nel 1950 il processo d’integrazione europeo ed è proprio nella prima quindicina del mese che si svolge l’evento che vede per una settimana la città di Enna respirare l’epoca medioevale con una prospettiva rivolta ai temi europei attuali, ma anche con rievocazioni storiche come il corteo, ideato da quel grande educatore che fu Edoardo Fontanazza. In pochi anni l’evento è riuscito a coinvolgere l’intera città, diventando vivace laboratorio di talenti e proficuo momento d’incontro tra associazioni, quartieri storici, scuole, università, personalità di fama internazionale e semplici cittadini, in un percorso che va diritto verso l’Europa delle genti, della condivisione e dell’integrazione.
Si vuole in questo modo allargare nelle nuove generazioni il concetto di “appartenenza”, senza rinunziare alla propria identità , dalla realtà locale a quella sopranazionale che devono far crescere e completarne il processo d’integrazione. .
Attraversiamo la fase decisiva dell’evoluzione della statualità moderna, dallo Stato apparato, centralistico e autoritario, allo Stato comunità, di cui i veri sovrani sono i cittadini e il cui valore costituzionale supremo è la persona umana e la sua dignità. Educare il cittadino non è soltanto compito della scuola, ma il territorio stesso, che porta su di sé i segni del passato, è occasione per una paideia civile, una formazione alle virtù civiche della giustizia, della tolleranza, del rispetto delle diversità, della solidarietà e soprattutto dell’amore per il proprio paese. Farne conoscere la storia, recuperando luoghi e usanze antiche, in prospettiva anche di una potenziale risorsa economica, è responsabilità di tutti coloro che credono a quelle che i Greci chiamarono “ virtù politiche”, le sole che consentono agli uomini di vivere nell’affetto per la polis, da uomini liberi.


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