Giuseppe Gennaro, "Gli Allora"
Giuseppe
Gennaro
Enna 19 gennaio 1916 - 1 gennaio 1979
le caricature
La prefazione di Umberto Domina alla pubblicazione di Giuseppe Gennaro "Gli Allora" curata dal Lions Club
USERÒ il presente perché questa rassegna di disegni costituisca una testimonianza senza tempo della genialità del suo autore, della sua sensibilità, del suo modo personalissimo e raro di cogliere la sintesi. Perché Angelino sfogli adesso, con noi, queste sue pagine di ricordi e con noi ne sorrida.
«Gli allora». Un titolo coraggioso, ma emblematico: quasi un neologismo pubblicitario, eppure - o forse per questo? - efficace. Una rassegna di amici degli anni 40, «fotografati» dal tratto sicuro, abilissimo, di chi ne intuisce l'essenza e la personalità. Io, voi, tutti noi li (ci) riconosciamo e li (ci) ricordiamo così. Quarant'anni hanno congiurato rabbiosamente per incurvarci, inspessirci o rinsecchirci ma il nostro modo di essere - dei rimasti e dei non - è ancora qui. Quello che era allora, meno ingiallito di questa stessa carta.
Ma tanta magia non è in noi. E’ nell'artista che fissando le nostre sembianze di allora, ha voluto (gli è stato congeniale) bloccare con arguto e felice humour il nostro modo di mantenerci noi.
E poiché arguzia vuoi dire assenza di quegli eccessi della deformazione che sono invece le caratteristiche del «comico», ecco che questi disegni - salve due o tre eccezioni volutamente tali - non sono caricature. Là dove la caricatura mira ad altre finalità: distorcere per deridere, esasperare per colpire, amplificare per punire. Qui il sens of humour è talmente lontano da qualsiasi intenzione di offendere o di «caricare*, che il termine lo si può usare solo impropriamente o per pura comodità di linguaggio. Angelino è e rimane un essenzialista: coglie il tratto che fa somiglianza, la ruga che fa espressione, l'atipico che fa tipo. Un abile disegnatore di stati d'animo e di gelosi atteggiamenti interiori.
Che, se nessuno oserebbe applicare al Modigliani dai lunghi colli deformati l'etichetta di caricaturista, certamente Angelino con la sua assoluta mancanza di cattiveria e di antipatie personali - ha più co se da dividere con il segno delicato di un ritrattista che con la furente e spesso parziale collera di un Grosz. Né lo si potrebbe accostare ad un pur consumato ed accorto vignettista, perché qui il disegnatore lascia intravvedere il pittore: il segno a matita anticipa quello più impegnativo del pennello.
Un segno limpido e avvolgente da artista di razza che coinvolge in ricordi ben precisi, datati, e lascia però al di fuori coloro che vi si riconoscono.
Il segreto della essenziale eloquenza di questi personaggi sta infatti nel tratto al tempo stesso veloce e profondo: tale cioè da cogliere con immediatezza la vitalità e la mobilità di un viso che risulta fisso, stagnante, persuasivo ma pronto a rientrare, contestualmente, in un discorso critico che prevalica l'«impressione».
Umorismo riflessivo, dunque, più che d'istinto. Una ironia che serpeggia attorno al razionale, all'ombra di una attenta ricerca della realtà interiore.
E qui mi fermo perché, mancandomi le qualità del critico (avvertibile, del resto, sin dall'inizio) ho espresso giudizi che mirano più a chiarirmi che a chiarire le idee.
Ma una cosa mi sento di aggiungere. Un invito a dare una pennellata di tempo attorno ai disegni di queste pagine: l'azzurro antico del cielo di Enna, i diversi silenzi di allora, il blu notte della guerra, gli ingenui riserbi di un tempo, il modo diverso di sorridere delle cose. E, su un allora così personale ed esclusivo, l'amabile presenza di Angelino.