I Fatti di centuripe - Il Campanile Enna

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I Fatti di centuripe

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I FATTI DI CENTURIPE
GUARDIE ROSSE 
O BRIGANTI
Storia di un fatto accaduto e documentato nel 1944

di Pino Vicari

Pino Vicari nel suo libro "I Fatti di Centuripe, guardie rosse o briganti" da persona informata sui fatti ci racconta con dovizia di documentazione la storia di un gruppo di giovani la cui azione di contrasto alla fame e alla miseria fu fraintesa e vennero giudicati come Briganti. 

Dalla prefazione di Andrea Luigi Mazzola
"La storia che l’autore ci racconta è la storia di alcuni uomini, di un piccolo paese dell’entroterra siciliano, e di alcuni “piccoli” episodi storici che hanno come cornice la tragedia della Seconda Guerra Mondiale e lo sbarco degli angloamericani in Sicilia, le conseguenze di questo sbarco, la miseria, la fame del dopoguerra, l'esperienza comunista in provincia di Enna... le sommosse contadine non implicano soltanto le condizioni storico-sociali ed economiche in cui versavano i braccianti agricoli, ma la personalissima ed irriducibile identità di ogni singolo contadino, le sue prospettive per il futuro, le sue aspirazioni, i suoi intimi dolori e le sue disperazioni quando alla sera tornava a casa e davvero poco c’era sulla tavola ad aspettarlo, così come le imprese “da briganti” delle “guardie rosse”, non possono essere comprese fino in fondo se ci si attiene soltanto (come sembra fare il giornalista Nicolosi, giustamente citato dall'autore) al “fatto bruto” e a implicazioni estrinseche di carattere ideologico...Come l'autore ci mostra, la differenza tra una banda di briganti e un gruppo di bravi e volenterosi “compagni” pronti ad affrontare dei pericoli per contrastare la miseria e la fame trova senso soltanto nelle esperienze individuali dei soggetti storici particolari, soggetti che operano in un contesto storico drammatico, dove la dialettica tra passione politica e tragedia sociale non poteva non generare alcuni dei fenomeni più complessi e contraddittori di tutta la storia della Sicilia. E in questo senso, anche l'episodio più “leggero” che descrive l'improvvisato comizio dell'autore «in difesa della Costituzione» non appare estrinseco rispetto alla storia. Se il problema è comprendere il sottile e intricato nesso che si istituisce tra politica, società ed esperienze individuali (senza affibbiar loro pesanti giudizi morali), si ben comprende come il contrasto tra buon senso e “focosa gioventù” dell'oratore vada inserito in questo contesto polisemico: non si racconta della bravata di un allora giovanissimo Pino Vicari, ma si cerca di render conto, in quella personalissima esperienza, il significato tutto di una passione politica che è vissuta, si è radicata e ha tratto alimento dal complesso contesto storico-sociale della Sicilia del dopoguerra.

La cronaca dei fatti 
Un quarto d’ora prima delle sei del mattino del 10 agosto 1944 l’asmatica corriera che faceva servizio tra Centuripe e Catania, appena un chilometro prima di arrivare al paesino si vide intimare l’alt da due uomini male in arnese piazzati in mezzo alla strada. Erano vestiti di cenci. A prima vista sembravano due mendicanti, ma i fucili mitragliatori che imbracciavano non lasciavano alcun dubbio sulle loro intenzioni. L’autista inchiodò il pullman affondando il piede sul freno. I viaggiatori riconobbero subito i due uomini sulla strada: Salvatore Maita, di quarantasei anni, e il trentottenne Giuseppe Gullotta; tutti e due iscritti alla sezione del PCI di Centuripe. Dietro un muricciolo erano in attesa altre quattro persone con le armi in pugno. Alla perentoria richiesta di verificare i bagagli per sequestrare tutte le merci destinate al mercato nero, nella perplessità generale dei viaggiatori qualcuno prese animo e gridò: «Sono comunisti!».
Che le posizioni del Partito comunista fossero inflessibili nei confronti dell’“intrallazzo” era, del resto, una circostanza nota a tutti...poche settimane prima della rapina alla corriera a Centuripe, nella sezione del Partito comunista, era stata appassionatamente dibattuta la questione di come reagire ai traffici illeciti. Alcuni iscritti insistevano per esercitare un ferreo controllo sui generi alimentari sottoposti all’ammasso. Per decidere sul da farsi, il 9 agosto si riunirono nella sezione locale alcuni militanti del PCI centuripino. Tra loro c’erano Giuseppe Bonomo con il figlio Eugenio, Salvatore Maita, Giuseppe Furnari, Giuseppe Dottore, Nicolò Toscano e suo fratello Placido. Quasi tutti i partecipanti all’incontro caldeggiarono il ricorso alla violenza.
In un paesino sperduto tra i monti, marginale rispetto ai grandi traffici di latifondisti e speculatori, non si erano riusciti a trovare avversari più congeniali dei modesti borsaneristi, entrati fatalmente nel mirino della frangia più accesa del PCI locale, che aveva ritenuto necessario un gesto esemplare: bloccare un pullman dove, insieme ai loro carichi illeciti, erano soliti viaggiare gli intrallazisti centuripini.
Nella consapevolezza di trovarsi di fronte a dei loro compaesani, i passeggeri della corriera tennero testa ai banditi. Le reiterate intimazioni di mostrare quanto trasportavano nei bagagli non ottennero altro risultato che suscitare le animate proteste dei viaggiatori, certi di vedersi sequestrare quanto avrebbe loro assicurato un paio di mesi di sopravvivenza. Alla confusione e al coro di generali proteste si aggiunse sopravvivenza. Alla contusione e al coro di generali proteste si aggiunse l’intervento di un carabiniere in borghese che viaggiava sul pullman. Il militare iniziò un aspro alterco con i banditi esigendo, in nome della legge, che si allontanassero immediatamente. L’imprevisto sviluppo della situazione stava minacciando di mandare a vuoto l’azione, e il frastornato nucleo di comunisti perse la testa. Nel tentativo di ottenere obbedienza iniziarono a scaricare in aria raffiche nervose di mitra. Preso dall’eccitazione e dallo smarrimento, uno dei banditi scagliò vicino la corriera una bomba a mano. Le schegge ferirono un passeggero, Vito Picone, che riconobbe nel ventisettenne Onofrio Costanzo l’autore del gesto. La situazione precipitò e l’iniziale determinazione dei viaggiatori scemò di colpo. Spaventati i passeggeri scesero dal pullman, presero i propri bagagli e li deposero a terra. Maita e un suo compagno puntarono le pistole ordinando di lasciare le valigie sul posto, rimettersi sul veicolo e proseguire per Catania. I viaggiatori pregarono di ispezionare, controllare se ci fossero prodotti illegali e restituire i bagagli prima della partenza. Ma in preda al nervosismo Maita urlò di lasciare tutto là e andarsene via. «Non c’è grano, né farina, né altra roba da mangiare; c’è soltanto della biancheria», protestò qualche passeggero, ma i banditi non vollero sentire ragioni.
Tra pianti, lamenti e urla di terrore, la confusione crebbe al punto da diventare incontrollabile. Gli spari e gli scoppi delle bombe a mano avevano attirato due carabinieri che perlustravano la zona. Non appena i militari arrivarono sul posto, i banditi si diedero immediatamente alla fuga. Anche se ,in fin dei conti il gesto non era di particolare gravità, nel timore di essere arrestati i banditi decisero di darsi alla macchia. 
(da Cuori rossi contro cuori neri, di Paolo Sidoni e Paolo Zanetov, Newton Compton Editori)

I fatti di Centuripe, l’alluvione del ’50 e lo sciopero alla rovescia
recensione di Giuseppe Nativo

Superare le amarezze, ricercare quella energia vitale intesa come espressione della volontà di resistere alle avversità del quotidiano. Sono questi alcuni dei tratti essenziali che emergono dirompenti nel recente libro, “I fatti di Centuripe. Guardie rosse o briganti. Storia di un fatto accaduto e documentato nel 1944” (tipolitografia “Gutenberg” di Enna, 2014, pp. 94), di Pino Vicari che, con scrittura intensa e gravida di “fatti accaduti e in parte vissuti personalmente”, ci presenta tasselli di vita intessuti in una sorta di tavolozza ricca di colori dalle sfumature diverse.
Classe 1927, figlio di terra ennese, l’autore non è nuovo a esperienze editoriali riguardanti la sua terra. Nato in una famiglia di minatori dello zolfo, il suo animo sincero ma battagliero lo spinge ad occuparsi dei suoi concittadini. Dirigente della Federterra dal 1946 al 1948 è poi segretario del Pci e successivamente segretario provinciale della Cgil. Ha militato sempre nello schieramento della Sinistra Riformista, cattolico convinto, praticante ed impegnato.
L’autore racconta con dovizia di documentazione la storia di alcuni uomini di un piccolo paese dell’entroterra siciliano riportando episodi di micro-storia che hanno come “cornice la tragedia della Seconda Guerra Mondiale e lo sbarco degli angloamericani in Sicilia, le conseguenze di questo sbarco, la miseria, la fame del dopoguerra, l’esperienza comunista in provincia di Enna”, come annota il prefatore Andrea Luigi Mazzola.
Non pochi gli episodi riportati per cercare di comprendere il sottile e intrecciato legame che si istituisce tra politica, società ed esperienze individuali. Un esempio è il “diario” di Onofrio Costanzo che, con la sua profondità d’animo, la sua sgrammaticata e intelligente scrittura, esprime un genuino “amore passionale per la sua donna per la sua terra e per una giustizia sociale che sapeva essere difficile da assaporare in quei tempi”, come scrive Paolo Garofalo nella sua introduzione.
Anche i fatti relativi al cosiddetto “assalto alla corriera” del ’44 a Centuripe ad opera di alcuni giovani “comunisti”, resosi colpevoli di bloccare il flusso di prodotti alimentari che andava ad incrementare il mercato nero a Catania, fatti poi oggetto di “minacce, maltrattamenti”, odissea in carcere e per anni assistiti gratuitamente e con notevole impegno professionale e politico dall’avvocato Casalaina, sono oggetto di analisi per far luce su un’amara vicenda.
Altro tassello è il “primo” sciopero alla rovescia in territorio centuripino. Nei primi mesi del 1950 numerosi paesi della Sicilia centrale, tra questi il Comune di Centuripe, furono colpiti da una grave alluvione subendo l’interruzione delle comunicazioni stradali e telegrafiche. Per poter ripristinare i collegamenti furono chiamati non pochi lavoratori (avviati con i Cantieri scuola) che, dopo avere sgombrato alcune strade principali, furono sospesi. Gli operai, sostenuti dalle organizzazioni sindacali, non solo mostrarono il loro grande disappunto in quanto molte strade erano ancora intransitabili ma continuarono a lavorare proclamando lo “sciopero alla rovescia”. Invece di incrociare le braccia ed astenersi dal lavoro continuarono a lavorare, anche senza la direzione degli uffici comunali, per l’interesse della collettività. A nulla valsero i tentativi delle autorità volti a dissuadere dal loro intento i lavoratori centuripini che continuarono a sgombrare le strade e avanzando pure richiesta di pagamento per il lavoro svolto. Nei confronti delle autorità prefettizie si incardinò una vertenza che si trascinò a lungo senza alcun esito positivo sebbene le autorità comunali ed i vari sodalizi locali fossero dalla parte dei lavoratori. In risposta alla posizione intransigente della Prefettura, un gruppo di lavoratori, guidato da Costanzo Onofrio (molto attivo nel sindacato e nel Partito comunista), si piazzava davanti l’ingresso della Chiesa Madre (in cui Costanzo era stato sacrista) proclamando lo “sciopero della fame”. Tale stato di cose ebbe vasta eco, non solo in campo sindacale e nei partiti di sinistra ma anche nei confronti della stampa nazionale, tanto da costringere la Prefettura a riconoscere il lavoro prestato dagli operai e perciò retribuito.
Quella di Pino Vicari si rivela come una finestra che si apre per fornire al lettore la conoscenza e l’accurata analisi di un lavoro di tutto rispetto e necessario a chi, della storia contemporanea, vuole averne una visione completa e intelligente.
GUARDIE ROSSE O BRIGANTI
(Storia di un fatto accaduto e documentato nel 1944 )

il contesto storico
Centuripe, comune della provincia di Enna, con i suoi 5647 abitanti ( nel 1937 erano 10575)
vanta una storia millenaria e parecchi siti archeologici. Era considerato il “balcone” della Sicilia per la sua altezza e per l'immenso panorama di cui si può godere. Essendo ubicato su una montagna alta più di 700 metri dominava la piana di Catania e la vasta zona coltivata a giardini.
Centuripe prima del 1927,data in cui venne costituita la provincia di Enna, faceva parte della provincia di Catania da cui dista 46 km. La popolazione fino al secolo scorso era occupata per la maggior parte a valle nell'agricoltura e nelle zone pianeggianti nell'agrumicultura essendo le pendici molto scoscese, perciò di difficile e redditizia coltivazione.
Nel territorio, proprio alla base della montagna ricca di “gessi zolfiferi”, da secoli la popolazione si dedicava alla estrazione e coltivazione dello zolfo; vi erano infatti alcune miniere, la più grande delle quali, la Marmora Gualtieri del Duca Gualtieri, è stata attiva sino alla chiusura di tutte le miniere siciliane nel decennio 1970/1980.
La città di Catania, per la sua vicinanza a Centuripe, era la naturale destinazione per i giovani che frequentavano l'Università, per chi aveva varie attività commerciali, per gli operai che vi si recavano a lavorare ed era naturale l'influenza culturale, politica e sociale della grande città.
A Catania, come in altre città siciliane, esistevano parecchie organizzazioni sociali e di mutuo soccorso, e il Partito Socialista Italiano con a capo dirigenti che sarebbero passati alla storia. Giovani universitari, operai, contadini che lavoravano negli agrumeti, si fecero portatori di queste nuove idee socialiste a Centuripe e, tra la fine dell'800 ed i primi anni del '900 anche a Centuripe sorsero le organizzazioni dei contadini, la Lega degli Zolfatai e una grande e prestigiosa cooperativa agricola, formata da fittavoli, mezzadri, braccianti agricoli che gestiva in affitto molti feudi, praticava la mutua assistenza anticipando derrate e mezzi per completare l'annata. La cooperativa, intestata ad un apostolo del socialismo, Francesco Taverna, venne costruita in Piazza Duomo con una bella sede diventata il punto di rifermento del movimento contadino, ma anche centro politico e culturale del paese. 

 


Centuripe, foto aerea





Mausoleo romano detto"il Corradino" 

Alcuni giovani centuripini che frequentavano varie facoltà dell' Università di Catania diedero vita, nel loro paese, al P.S.I., giovani che da laureati furono poi ottimi professionisti, onesti dirigenti politici, bravi amministratori della cooperativa sino all'avvento del fascismo. Dopo la caduta del fascismo ripresero ad operare nella politica e nel sociale.
I socialisti di Centuripe subirono i contraccolpi della repressione ordinata dal Governo Crispi contro il movimento dei Fasci Siciliani del 1893. Centuripe era inserita in una zona di paesi in cui era molto attivo e forte il movimento dei Fasci Siciliani, paesi come Paternò, Biancavilla, Catenanuova e Raddusa, dove si verificarono rivolte, conflitti con le forze dell'ordine e con l'esercito con morti e feriti, e in cui dirigenti socialisti catanesi dei Fasci con alla testa De Felice furono tutti arrestati.
Le popolazioni di quei paesi avevano partecipato con grande entusiasmo all'epopea garibaldina, avevano creduto alla promessa della terra a chi la lavorava ed avevano quindi occupato la famosa Ducea di Nelson (l'Ammiraglio Inglese) nel comune di Bronte. Ma gli occupanti furono arrestati dai Garibaldini del comandante Bixio, processati e molti di loro fucilati. Purtroppo, dopo mezzo secolo, quelle popolazioni subirono un'altra vergognosa repressione ad opera di un ex garibaldino, in quel periodo presidente del governo,il siciliano Francesco Crispi.  La Grande Guerra del 1915/1919 fu vissuta, come in tutti i paesi siciliani, nell'angoscia e nel dolore delle famiglie. Nel dopo guerra Centuripe conobbe i tentativi del fascismo di volersi insediare nel paese con l'aiuto dei fascisti catanesi che fecero delle scorrerie nel paese.
In una relazione della Federazione fascista del 1924 è descritta la storia del movimento fascista in Provincia di Enna. Alcuni simpatizzanti del fascismo si riunirono a Centuripe nei mesi del 1922, ma poiché erano ancora disorganizzati rifuggirono dalle pubbliche manifestazioni, in attesa di coordinare le idee all'azione. Si tenne una prima riunione ufficiale, presente un rappresentante del fascio di Leonforte.

In pochi giorni si creò l'organizzazione politica, si elesse il direttorio, costituito in massima parte da ufficiali ed ex combattenti. Fu costituita anche una sezione di avanguardisti. Durante il periodo che va dalla prima riunione al riconoscimento ufficiale della sezione, i fascisti di Centuripe mantennero costanti e diretti rapporti con le gerarchie fasciste di Catania e le squadre di azione svolsero una costante attività. Non pochi furono gli scontri ma alla fine i fascisti riuscirono ad occupare il municipio. La sezione fu riconosciuta ufficialmente il 6 Ottobre 1922, cosicchè il segretario politico partecipò al congresso dei segretari politici della Sicilia orientale tenutosi a Catania sotto la presidenza di Achille Storace.
Le squadre di Centuripe parteciparono spesso ad azioni punitive fuori del territorio del Comune, ad Adrano, Catenanuova, Regalbuto, Leonforte, Assoro, Agira, Gagliano Castelferrato, Caltagirone e Catania. Esse portarono il loro valido contributo, affiancate sempre dalla sezione degli avanguardisti che si prodigò con entusiasmo sia nel campo della propaganda che in quello dell'azione. L'avanguardia partecipò ufficialmente al congresso regionale di Siracusa.
Per la marcia su Roma, tutti gli effettivi furono mobilitati e rimasero a disposizione delle autorità provinciali per 48 ore. In massima parte furono impiegati a presidio dei punti nevralgici della provincia. 
Queste sono le notizie storiche su come sorse il fascismo centuripino.
La prima azione eroica dei fascisti saliti al potere fu quella di occupare la Cooperativa Francesco Taverna per farne la sezione del partito fascista. Durante il ventennio fascista il socialismo covava sotto la cenere, e il gruppo di giovani intellettuali centuripini mantenne sempre i rapporti con i socialisti catanesi.
La seconda guerra mondiale, con lo sbarco degli angloamericani in Sicilia, decretò la fine del fascismo e, in seguito a ciò, la gloriosa sede della cooperativa ritornò ai legittimi proprietari. 
Durante la guerra Centuripe fu sottoposta a bombardamenti, le truppe tedesche si erano trincerate nel paese e la popolazione subì grandi disagi, distruzione e morte. Centuripe, Regalbuto, Agira e Leonforte, tutti paesi ubicati su montagne, costituirono una linea fortificata dai tedeschi in modo particolare, organizzando centri di resistenza contro le truppe angloamericane che avanzavano nel centro della Sicilia. Infatti Enna pur essendo sede del comando della IV Armata, con tanti generali, ufficiali e soldati,dopo alcuni bombardamenti, ove perirono circa 300 civili ed un centinaio di soldati, fu abbandonata senza sparare un colpo di fucile. La resistenza alle truppe angloamericane e canadesi (vedi Regalbuto) si concentrò sui comuni sopramenzionati. 



La battaglia di Centuripe


IL GIORNALISTA SALVATORE NICOLOSI, DEL GIORNALE “LA SICILIA “ DI CATANIA, racconta quel che accadde la mattina del 10 agosto 1944 a Centuripe, in un suo libro pubblicato nel 1976 - editore Longanesi & C. dal Titolo ”DI PROFESSIONE BRIGANTE” le bande siciliane nel dopoguerra - a pagina 125,
"ASSALTO ALLA CORRIERA ALL'OMBRA DELLA BANDIERA ROSSA”
(clicca sull'immagine)
PERCHE' HO VOLUTO RACCONTARE QUESTE STORIE 
E RIEVOCARE QUESTI RICORDI ?

Ogni fatto storico, sociale, culturale che si verifica va sempre inquadrato nell'ambiente, nella società di quel periodo; con riferimento ai fatti della corriera del 1944, se non si inquadrano nel periodo e nelle condizioni in cui questi fatti accaddero si rischia di raccontare fatti storico-sociali come un romanzetto di avventure.
Durante il periodo fascista ad Aidone esisteva un gruppo di antifascisti socialisti, erano vari professionisti tra cui medici ed avvocati. Alcuni di questi facevano parte di una loggia massonica e mantenevano i contatti sia con altri gruppi socialisti siciliani sia con la massoneria italo americana.

PERCHE' ALCUNI GIOVANI COMUNISTI DI CENTURIPE NEL1943/44
CREDETTERO CHE POTEVANO INTERVENIRE CONTRO IL MERCATO
NERO DEI PRODOTTI ALIMENTARI ?

La recente storia dello sbarco angloamericano nel 1943 in Sicilia racconta che la mafia sicula americana collaborò con i servizi segreti americani per preparare lo sbarco,infatti nei paesi a forte presenza mafiosa gli ufficiali americani affidarono al capi mafia locale la direzione amministrativa dei comuni nominandoli sindaci,fatto ormai storicamente risaputo ed acquisito.
La storia non accenna mai ad un altro filone di collaborazione nella preparazione dello sbarco, cioè la collaborazione tra la massoneria siciliana e quella americana. Infatti nelle prefetture e nei grandi comuni molte nomine a cariche amministrative furono appannaggio massonico.
Alla Prefettura di Enna venne insediato Prefetto l'avvocato Bruno di Aidone, socialista e membro della loggia massonica siculo-americana. Il Prefetto socialista dovette farsi carico di due grosse emergenze: la prima il movimento separatista di Finocchiaro Aprile che si diffondeva a macchia d'olio in tutta la Sicilia ed in modo particolare nelle grandi città, la seconda la lotta contro il mercato nero dei prodotti alimentari e contro la fame.
Nel maggio del 1944 era stato annunziato un raduno ed un comizio dei separatisti con la partecipazione del loro capo Finocchiaro Aprile a Regalbuto. La Prefettura, con la collaborazione dei partiti di sinistra P.S.I. e P.C.I. e della C.G.I.L., mise a disposizione dei camion privati che partirono da Enna con molti lavoratori a cui si aggiunsero altri compagni a Leonforte, Assoro, Nissoria ed Agira, i centuripini avevano raggiunto Regalbuto con mezzi locali; lo scopo della manifestazione era quello di manifestare per l'unità d'Italia contro i separatisti.
Purtroppo in quella occasione perdette la vita il Segretario del P.C.I. di Enna Santo Milisenna.
(I fatti di Regalbuto sono raccontati in un libretto scritto dallo stesso autore MORTE DI UN SINDACALISTA ).
Lo stesso Prefetto, non si sa se con il consenso o meno degli angloamericani, organizzò delle pattuglie, composte da Carabinieri, Pubblica Sicurezza, Finanzieri, Vigili Urbani, ed in molti comuni compresa Enna da civili scelti nelle organizzazioni sindacali che si distinguevano da una fascia rossa attaccata al braccio. Oggi a distanza di 70 anni queste vicende possono sembrare fantapolitica, per comprenderle occorre un po' di fantasia e calarsi nella realtà di allora.
La fame provocava tumulti in tutti i comuni, la gente veniva spogliata del corredo che avevano preparato per le figlie, i contadini agiati, infatti, non volevano soldi perchè avevano paura che fossero falsi (così come infatti avveniva) e chiedevano biancheria, coperte e beni personali che barattavano con un poco di frumento, fave, ceci, lenticchie, ecc. La inclusione, nelle pattuglie, di civili, sindacalisti ed antifascisti era una copertura per dare sicurezza al popolo che non ci sarebbero stati imbrogli. Ero giovanissimo, ma ricordo ancora alcuni personaggi che dal popolo vennero etichettati “Guardie Rosse”, bisogna tenere presente che anche le forze dell'ordine avevano famiglia.
Sempre con il sostegno della Prefettura sorsero Spacci di Paragone,botteghe di generi alimentari gestite dai sindacati e delle organizzazioni combattentistiche. Ad Enna ne sorse uno nei locali dell'ex convento dei Benedettini che funzionò per parecchi anni .In quell'epoca,in quel clima di disperazione con soldati che rientravano sbandati, con le famiglie che si nutrivano di verdure accaddero i fatti della corriera a Centuripe.  Alcuni esponenti della sinistra e dei sindacati furono “invogliati” a “partecipare” alle pattuglie che dovevano vigilare per combattere il mercato nero dalla stessa Prefettura, il che significava avere anche il beneplacito delle autorità americane in quel momento di grande caos.
In parecchi comuni della Sicilia, ma anche nelle grandi città, avvennero fatti tragici,assalti ai Municipi (Mazzarino), a magazzini del Consorzio Agrario ove veniva ammassato il grano, l'olio ed altre derrate, scontri con le forze dell'ordine con morti e feriti. Le campagne non erano più sicure, in Sicilia proliferarono molte bande armate, di cui la più triste e la più famosa era la banda Giuliano, il cui incarico, anche in quel caso, era il trasporto illegale di grano.



Comunicazione in ordine al processo a Pino Vicari per un comizio a Centuripe non autorizzato


A Centuripe un gruppo di giovani, e meno giovani, volevano porre fine ad un continuo viaggio giornaliero di prodotti alimentari che partivano da Centuripe verso Catania. La fame è stata sempre il motivo di grande rivolte. Il cosiddetto “assalto alla corriera” non era altro che il tentativo di bloccare il flusso di prodotti alimentari (farina, olio, uova, legumi, ecc.) che andava ad alimentare il mercato nero a Catania. Nelle zone dove avvennero scontri armati, durante la ritirata abbondavano armi e munizioni di tutti i tipi. Da persone sprovvedute, il gruppo che si era posto come obbiettivo il blocco della corriera, si era armato. Il fatto che ad un certo momento venne lanciata una bomba a mano fa pensare che nel gruppo ci fosse qualche ex militare, come tanti in Sicilia a seguito dello sbarco angloamericano, non è una cosa comune sapere lanciare bombe a mano.
La mattina dell'assalto si trovava sulla corriera un carabiniere che si stava spostando a Catania, il carabiniere non poteva non intervenire, era suo dovere, e quello che doveva essere un semplice sequestro di prodotti alimentari si trasformò in tragedia. Nel gruppo vi erano alcuni che vennero riconosciuti come “comunisti”, ma in realtà non erano tutti comunisti.
Se ritorniamo indietro e ci ricolleghiamo a quanto detto prima, cioè la iniziativa prefettizia, i moti che scoppiavano in Sicilia che avevano come oggetto la fame e perciò la lotta al mercato nero (intrallazzo), i comunisti ed i socialisti in prima linea in tutti i movimenti, non ci si poteva meravigliare che a Centuripe, dove si erano aperte le sedi dei vari partiti,vi fossero anche comunisti nel gruppo.
Il racconto del giornalista Nicolosi nel suo libro “Di professione Brigante” accenna ad un tentativo fatto dal gruppo dei cosiddetti “comunisti” di differenziarsi nella latitanza e cercare consigli dai dirigenti politici provinciali ( Pedalino in quel momento dirigente sindacale della C.G.I.L.), lo stesso maresciallo Giuffrida ne fa menzione nella sua dichiarazione in fase processuale. Questo gruppetto di compagni, Costanzo, Mammano, Bonomo, Maita, erano latitanti ma non si lasciarono coinvolgere in fatti criminosi. Ricordo che a Enna nella sede del P.C.I. si accennò alla riunione che si stava svolgendo presso la Federazione Comunista di Messina, una riunione presieduta da Girolamo Li Causi in quel periodo segretario regionale del P.C.I., da poco liberato del confino di Vendotene con mezzi di fortuna. Costanzo e Mammano raggiunsero Messina, e finalmente parlarono con Li Causi, che li invitò a costituirsi ai carabinieri immediatamente perchè correvano il pericolo di essere accusati di reati non commessi. Dopo questo incontro a Messina si convinsero a costituirsi.
A Centuripe si svolsero scene di una barbarie inaudita, in special modo da parte dei democristiani e ex fascisti, le famiglie di quei poveri disgraziati vennero insultate, dileggiate, emarginate. Per esercitare una pressione nei confronti dei latitanti furono collocate molte donne su un camion e furono fatte girare per il paese sommerse da parolacce ed insulti.  
L'ODISSEA DEL CARCERE

Dopo la loro consegna, Costanzo e Mammano vennero trasferiti in carcere. Seguirono interrogatori, minacce, maltrattamenti , le famiglie versavano nella miseria. Il P.C.I si mobilitò sia a livello provinciale che regionale, intanto provvide a nominare un avvocato, l'avvocato Casalaina, catanese e comunista, che assistette per alcuni anni quei poveri disgraziati gratuitamente con grande passione ed impegno, il Partito gli rimborsava solo le spese vive. In federazione, dopo le elezioni del 1948 e la sconfitta del Fronte Popolare, presentatosi con la testa di Garibaldi come emblema, schieramento in cui i Comunisti ed i Socialisti erano la parte fondamentale, la Segreteria Regionale del P.C.I. provvide a nominare un nuovo Segretario, un palermitano, un certo Leone, responsabile di Organizzazione e un Vice Segretario, Pino Vicari.
In questo nuovo organigramma e con il mio incarico dovetti occuparmi in prima persona del gruppo dei compagni centuripini detenuti in carcere. Gli interrogatori, la istruzione delle posizioni giudiziarie, il continuo trasferimento da un carcere all'altro, il tentativo di fare confessare reati che non avevano commesso, le pressioni affinchè con le loro dichiarazioni venisse coinvolto il Partito Comunista, costrinsero il P.C.I. a promuovere una grande campagna politica a tutti i livelli, mentre dentro il carcere i compagni iniziavano uno sciopero della fame che impressionò l’opinione pubblica. Finalmente del caso si occuparono i giornali e se ne parlò nelle sedi parlamentari. Lo sciopero della fame contagiò altri detenuti per sollecitare lo svolgimento dei processi.
L'Avvocato Sebastiano Ugo Casalaina, con grandissimo impegno professionale e politico, sia in difesa dei compagni di Centuripe sia in difesa dei compagni che erano stati denunziati e processati per l'assalto e la distruzione della sede monarchica ad Enna, girava da un Tribunale all'altro, da una Pretura all'altra.
Dalla copia della cartolina postale, inviata alla Federazione Provinciale del P.C.I. a Enna in data 29 Marzo 1949 ci si può fare una idea di come l'avv. Casalaina ed un altro avvocato, avv. D'Alessandro, comunista, si fossero impegnati nel seguire e difendere i compagni. Anche questa è una pagina di storia da ricordare, come tanti compagni comunisti, gratuitamente, avevano messo la loro professionalità al sevizio dei compagni. 
IL P.C.I. A CENTURIPE

La Sezione del P.C.I. a Centuripe fu organizzata da un gruppo di giovani braccianti agricoli che, raccogliendo le arance negli agrumeti di Paternò e Biancavilla, limitrofi al territorio di Centuripe, avevano giornalmente contatto con i lavoratori di quei comuni della Provincia di Catania, comuni in cui, durante il fascismo, i comunisti si erano organizzati clandestinamente e successivamente, con la caduta del fascismo avevano dato vita alle Sezioni Comuniste. A questo gruppo di braccianti si era aggiunto qualche vecchio comunista che aveva frequentato i comunisti a Catania,tra questi un certo Adamo, di professione calzolaio, che gestiva una edicola di giornali nella propria bottega. Il calzolaio Adamo fu il primo segretario della Sezione comunista. Il PCI aveva aperto una sede sotto la piazza a fianco della pescheria.
Il PCI era composto da pochi iscritti, anche perché l'area della sinistra era occupata dal PSI da prima del fascismo, organizzato e rappresentativo di contadini, ceto medio e professionisti. Nel PSI centuripino si formarono a livello sindacale alcuni giovani che occuparono posti importanti nei sindacati provinciali (Roccella, La Spina Russo ed altri) e che si trasferirono a Enna Nel PCI solo Costanzo si occupò del sindacato dei Braccianti Agricoli a livello provinciale e si trasferì ad Enna. Al fermo della corriera parteciparono alcuni di questo gruppetto di comunisti: Costanzo, Mammano, Maita e Bonomo che sono oggetto di questa breve storia.  
Il PCI a Centuripe era formato principalmente da un gruppo di braccianti agricoli e da qualche manovale della edilizia. Nel gruppo degli iscritti vi era un artigiano meccanico, un certo Castana, che possedeva una grossa motocicletta, credo fosse una Guzzi, rivelatasi molto utile al partito.
A Centuripe vi erano anche un gruppo di minatori che lavoravano nelle miniere di zolfo, ai piedi della montagna, pochi di essi erano comunisti. I minatori sindacalmente erano organizzati nella CGIL, nella società centuripina si consideravano “l'aristocrazia operaia”; erano socialisti, ma non comunisti, ed erano i pochi operai che percepivano un salario continuativo, ma anche nella loro categoria non mancarono scioperi e lotte contrattuali. Alle prime elezioni politiche del 1946 il PCI ottenne 145 voti. Il partito si rafforzava anche con il rientro di ex militari che al Nord avevano partecipato alla guerra di liberazione nelle brigate partigiane. 
 Epilogo 
Nel 1949 vennero scarcerati dal carcere di Caltagirone i compagni detenuti. Ci recammo a prenderli con una macchina a noleggio per portarli a Centuripe, dove furono accolti con grande festa dai compagni della sezione e dai lavoratori della Camera del Lavoro.
I compagni detenuti nel carcere di Caltagirone, tra le varie imputazioni, erano stati accusati di un reato avvenuto nelle campagne di Ramacca, ed essendo Ramacca sotto la giurisdizione del Tribunale di Caltagirone erano stati trasferiti nel carcere di quella città.
Dopo anni di peripezie e sofferenze in varie carceri ed il disagio penoso delle loro famiglie vennero scarcerati, come dimostrato nelle carte processuali, senza avere commesso nessuno dei reati per cui erano stati buttati in galera, e si era tenuto in carcere un giovane come Bonomo Eugenio perchè il Cancelliere aveva sbagliato nel copiare la prima sentenza, facendo confusione tra il padre Bonomo Giuseppe ed il figlio Bonomo Eugenio. Errore che venne corretto con una sentenza della Corte di Appello di Caltanissetta Sezione Penale il 31.3.1967 correggendo la sentenza della Corte di Assisi del 5.8.1948, cioè dopo 19 anni.
QUALI ERANO LE IMPUTAZIONI PER CUI ERANO STATI ARRESTATI

La prima e più grave delle accuse era quella di “associazione a delinquere”. Da quella accusa venivano assolti con sentenza della Corte di Assise di Enna, con la motivazione “per non avere commesso il fatto”. Lo stesso Maresciallo Giuffrida, che comandava la Sezione dei Carabinieri di Centuripe, cosi come si legge nel verbale n.57 dichiarava: ” allora si era proceduto a quella denunzia contro Bonomo, Costanzo e Mammana soltanto per includerli nell'ASSOCIAZIONE, in cui della loro partecipazione non sussisteva prova nè indizio”. Era risultato, tra l'altro, che durante la loro latitanza essi avevano atteso ad onesto lavoro nel territorio e anche nel paese di Centuripe. Viene spontaneo chiedersi allora perche furono inclusi ed arrestati e tenuti per tanto tempo in galera. Era stato amore per la giustizia oppure persecuzione politica? Alla luce dei risultati processuali non c’era più il dubbio ma la certezza: fu persecuzione politica.
I compagni Mammana, Costanzo e Bonomo non furono scarcerati, rimasero in galera con nuovi mandati di cattura con l'imputazione di estorsione aggravata e continuata.
Le denunzie per cui venivano perseguiti questi compagni erano due: la prima, con verbale n.57 (fog.56 del processo 158/46), per associazione a delinquere, la seconda con verbale n.159/46, per estorsione continuata ed aggravata in territorio di Valguarnera. Per questa seconda imputazione il Procuratore Generale chiese il “proscioglimento per insufficienza di prove “.
Sulla base di come si erano messi i fatti in data 14 Marzo 1949 l'Avv. Casalaina si premurava di inoltrare al Presidente della Sezione Istruttoria Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Caltanissetta.


Il Diario di guerra di Onofrio Costanzo 
I bombardamenti e l'ingresso degli angloamericani 
a Centuripe nell'estate del 1943


N.B. Quanto sotto riportato è la copia integrale di quanto scritto dall'autore a mano senza avere apportato nessuna correzione per rispetto alla originalità del testo che può essere visionato cliccando sulla copertina a sn.
 
 
ONOFRIO COSTANZO, (terzo da sn. nella foto) che sarebbe diventato un dirigente comunista, scrisse un diario a mano ricordando quei giorni, minuziosamente rivivendo quei tragici momenti.

IL DIARIO dei giorni dei bombardamenti di Centuripe

I fatti si riferiscono ai bombardamenti degli angloamericani su Centuripe e al loro ingresso il 3 Agosto 1943 nell'abitato.
Dedico questo mio scritto a mia moglie Grazia Maccarrone nata a Centuripe l'11 Gennaio 1920,e morta a Enna il 1 Settembre 1982.
Essa è stata una donna affettuosa con la famiglia, ha voluto collaborare nel Luglio -Agosto 1943 nei momenti più tristi del popolo Centuripino, la cui spiritualità è indice della sua anima nobilissima, piegata al dolore delle rovine di Centuripe.
Voi che leggete la presente scritta, in un mondo di ambizioni, di violenze e di egoismi, d'interessi nazionali e internazionali, l'autore, nello scrivere il presente scritto in questi quaranta anni dalla fine della guerra in Sicilia, spero di essere obbiettivo e conservare il mio idealismo, rimanendo accanto ai miei maestri che sono i lavoratori del braccio e del pensiero di essi, nel Luglio-Agosto del 1943, attinsi, la voce del cuore che hanno Centuripe e l'Italia, la terra dei martiri.
Enna 3 Gennaio 1983             Costanzo Onofrio 
RICORDARE
La guerra si scatenava nel centro dell'Europa il primo Settembre 1939,per opera di Hitler, dalla Germania, a cui, il 10 Giugno 1940, si affacciava Mussolini,coinvolgendo in un secondo conflitto mondiale anche la nostra povera Sicilia che divenne teatro di guerra.

Quaranta anni fa, di questi giorni, la battaglia infuriava per la valle delle terre dell'Ennese.
Sulle sommità delle alture, dove da secoli, si annidavano i paesi, si annidavano in quei giorni i tedeschi armati, per contrastare il passo alle truppe alleate, Enna era già caduta, la mattina del 20 Luglio 1943, il comando della VI° armata,che nell'ultimo anno si era stabilito nel capoluogo più alto dell'isola,si era trasferito in fretta,sotto il rapido incalzare delle truppe sbarcate la mattina del 10 Luglio 1943, sul litorale di Gela.
Il capoluogo di Enna aveva subito in quei giorni, ripetuti bombardamenti notturni: tra l'altro, l'accampamento di un battaglione di guastatori, eretto sullo sperone, del monte, in quel triangolo allora deserto di case delimitato, grosso modo, dal Macello del Cimitero e dal Carcere, era stato distrutto. Uno dei soldati sopravvissuto, corrento alla impazzata, in quella notte di terrore, e sconoscendo i luoghi, precipitava, sul versante di Pergusa, sfracellandosi, laggiù in basso.
Il 28 Luglio 1943 la battaglia spostandosi al nord fu la volta di Centuripe e delle terre del versante orientale della Provincia.
Io come testimone oculare , da Centuripino, che ho vissuto quelle giornate, l'odissea tragica, del mio paese, che sono uscito dall'urto bellico gravamente danneggiato, sono Onofrio Costanzo nato a Centuripe il 4 Gennaio 1917, oggi abitante a Enna.
Il 28 Luglio del 1943, il fragore spaventoso delle bombe cominciò alle ore 10,30 circa. La popolazione correva fuori dalle case stringendo figure di santi, il crocifisso. Ricordo benissimo che quel giorno si stava celebrando una messa solenne nella chiesa di Maria S.S. Delle Grazie.
All'improvviso si udì il rumore degli apparecchi e dal Quartiere del Crocifisso fino al Quartiere della Tribuna cominciarono le prime incursioni. Le grida, i pianti, la confusione dei fuggitivi creava un frastuono di mare in tempesta. Dalla Via Genova gridando aiuto, aiuto a grande corsa veniva mia moglie, appena vide me con le lacrime agli occhi mi raccondava, che la Via Genova, già è piena di macerie, lascio la Chiesa del Cuore di Gesù è assieme mia moglie ci siamo recati in Via Genova arrivati sul posto di questa prima casa che abbiamo incontrato, dall'alto di un mucchio di rottami sporgeva una veste nera . Ma non era una veste nera, era il cadavere della Signora Anna Biondi. Li sul posto sentivamo una voce di una bambina, ”Nuofiu, aiuto, aiuto, salva Graziedda”.
Tra le rovine, assieme a mia moglie ed altri, cominciarono l'opera di soccorso, io corro nella Chiesa del Cuore di Gesù mi attaccai alla campana suonando a distesa, dopo pochi minuti che ho suonato, torno di nuovo in Via Genova d'ove cera mia moglie ed altri associandomi all'oro all'opera di soccorso dopo circa 20 minuti che lavoravo appena scostate altre pietre dalla casa crollata la nostra attenzione ottenne la sua spiegazione: li giaceva la piccola Rosalia Marletta, ed accanto la cuginetta Graziella Testai di Giuseppe, ferita ma non in maniera grave, ma potevano morire per soffocamento.
Sempre nella stessa Via Genova , si udivano altre grida di aiuto di un'altra donna ci siamo messi accanto quelli che avevano cominciato l'opera di soccorso ancora passò circa un'altra ora e quando lavoravamo, la voce di quella donna tacque, la povera Signora Grazia Biondi era già cadavere anchessa.
In quella prima giornata di bombardamenti, i morti furono cinque: Michelino Tapa di anni 20, Giuseppe La Torre di anni 58, Grazia di 45 anni, Anna Biondi di 64 anni, Maria Tuttobene pure di 64 anni. I feriti erano diversi fra dei quali mio padre durante il bombardamento si trovava al mulino, e alla esplosione della bomba divenne un poco sordo. Con valigie e fagotti uomini, donne e bambini si trasferirono per i campi, si sistemavano nelle grotte naturali. Giorno di lagrime e di sangue, per la popolazione Centuripina.
Ma i giorni più tragici ancora erano da venire.
Dopo la conquista di Leonforte e di Assoro la battaglia divambava al bivio di Leonforte -Nissoria. Man mano che le forze alleate si avvicinavano alla città, la lotta diveniva più aspra. Non c'era però scampo per i Tedeschi, che potevano considerarsi accerchiati.
Il 31 Luglio del 1943, prima di Regalbuto cadeva Catenanuova, dopo una breve ma infuribonda lotta. All'ingresso degli alleati, Catenanuova era deserta.
Le donne dalle soglie delle porte assistevano freddamente al passaggio delle truppe Inglesi, così come se l'invasione nemica appartenesse all'ordine naturale delle cose.
Regalbuto e Centuripe ebbero il triste privilegio di subire il più disastroso bombardamento aereo di quei giorni.
Alle ore 16,20 circa del 31 Luglio 1943 ebbero inizio le nuove incursioni e per fortuna a Centuripe molte bombe non esplosero ,altrimenti del “ Balcone della Sicilia” non sarebbe rimasta pietra su pietra. Quando il bombardamento cominciò, io mi trovavo nella grotta insieme con la mia famiglia. Ci siamo guardati negli occhi con mia moglie ci siamo alzati, lasciammo il riparo e abbiamo andati verso il centro.
Arrivati in Piazza Duomo, una donna atterrita, ci disse :”tutti morti sono al Colleggio dei Monaci”. Ci siamo resi conto e ci siamo andati per la Via Giovanni Testai al Colleggio di Maria, ed abbiamo saputo che le Suore Anna Prospera Crimi, Maria Antonietta Mazzurco, e Angela Biondi avevano lasciato la vita sotto le bombe e le macerie . Non c'era più nulla da fare . Arrivati in vai Dante abbiamo visto a terra, ormai privo di Vita, il piccolo Vito Stancanelli di 14 anni. Poco più lontano a circa 200 metri, una donna invocava aiuto accanto al corpo riverso della giovane Antonina Marletta, ”intesa la figlia di Ciccu u liuddu”, gravamente ferita e che abbiamo portato con mia moglie al pronto soccorso allestito nei locali della casa del fascio. Arrivando portandola tra le braccia io e mia moglie il povero corpo martoriato della giovane Marletta e subito il Dott.Pietro Sciortino, che si trovava sul posto non lasciando per un suo dovere fece il suo meglio per darle soccorso.
In quel momento sopraggiunse un'altra ondata di bombardamenti. Una bomba cadde in via Garibaldi, a pochi passi dal pronto soccorso, ma i medici dott. Sciortino, Ameli, Di Marco, Ignazio Russo e gli infermieri Salvatore Romano e Gaetano Anfuso rimasero a fianco dei feriti con alto senso del dovere e sprezzo del pericolo. Ma la povera Marletta comincio a gridare “mamma, mamma”, ma era impossibile in quel momento andare a cercare la madre.
Morì più tardi, verso le 17,30 circa.
Uscimmo dal pronto soccorso. In Piazza Falugo era riverso a terra Carmelo Di Silvestro. I feriti in quel pomeriggio del 31 Luglio 1943 erano abbastanza. Per i morti quelli che ricordo io sono: Francesco Anfuso ( u lenici), Vincenzo Pirro, Vito Privitera , oltre a quelli che ho citato in questo scritto.
Il bilancio fu impressionante della guerra del 1943 a Centuripe, molti morirono in seguito alle ferite riportate.
A Regalbuto intanto i Tedeschi, pur sapendosi accerchiati, combattevano accanitamente, Regalbuto si può dire, fu spianata dall'aeria: 28 incursioni aeree in un solo giorno. Quando la battaglia terminò il paese era comparso di macerie.
Dopo la conquista di Regalbuto le forze alleate, proseguendo l'avanzata lungo la strada statale 121 per Adrano, strinsero il monte di Centuripe in un cerchio di ferro. Una branca della tenaglia si chiuse a nord della montagna, mentre altre forze provenienti da Catenanuova , si attestavano a sud.
La battaglia si svolgeva nella vallata di Rosamarina Pianata in atto conciunta alla piana di Catania , da una sola strada tortuosa Centuripe costituiva, il principale obbiettivo delle forze alleate.
Domenica mattino uno Agosto 1943, feci un giro in paese per vedere cosa c'era di nuovo. Arrivato in Via Nino Bixio vidi verso le ore otto un soldato tedesco armato, che teneva sotto mira alcuni soldati alleati , con le mani in alto. Mentre proseguivo per la Via Garibaldi , incontrai il reverendo sac. Don Salvatore Mammana ed insieme ci siamo recati alla Chiesa del S.Cuore di Gesù dove assistette alla messa. Durante il rito, l'artiglieria riprese i tiri su Centuripe e venne colpito anche il tempio in cui ci trovavamo. Terminata la messa ci siamo salutati con il Reverendo e lui mi disse: ”Onofrio la guerra è orrenda non si aspetta la pace. Se io dovessi morire non dimenticare questa data, e così faro io”.
Uscimmo dalla chiesa e Padre Mammana andò a vedere i suoi congiunti.
Io ritornai in piazza ,durante il transito di Via Garibaldi mi incontrai con Rosario Ingrassia, ci siamo salutati e abbiamo proseguito, arrivati in Piazza Falargo ci sentivamo fischiare alle orecchie proiettili.
Tornammo indietro dalla Via Garibaldi, Bino Bixsio, discesa S.Giuseppe e Via Roma, Monte Calvario. Il fuoco dell'artiglieria aveva raggiunto proporzioni spaventose, sentivamo i tedeschi che erano alle nostre calcagne, sparavano, arrivati di corsa del Monte Calvario sul pavimento abbiamo trovato i componenti della famiglia Di Leo, atterriti, in un angolo c'era una cassa , che racchiudeva il cadavere di una donna deceduta alcuni giorni precedenti. Quel giorno dei feriti dei giorni precedenti, morivano altre persone mentre perivano sotto i bombardamenti altri cittadini Centuripini, fra i quali un carissimo amico mio Salvatore Felice , di anni 27 che qui voglio ricordare con commozione.
Nel pomeriggio di quella tragico domenica, verso le ore 17 circa, appena tornato in paese dopo essermi recato a visitare la mia famiglia, vidi dietro la chiesa di S.Prospero un soldato tedesco che sparava verso il Piano della Fiera. Io avevo incontrato una mia concittadina, Severa Risiglione e il soldato tedesco , li invitava a tornare indietro che in paese non si poteva entrare. Il soldato mentre la mitraglia taceva , ci disse che lui era padre di due bambini. Ci ripetè l'invito per cortesia tornare indietro, ma in quel momento ,un carro armato, sul Piano della Fiera, saltò in aria ed egli riprese a sparare. La Signora Severa Rosiglione ed io abbiamo tornato indietro, essa prese la strada, io salgo di un muretto delle falde del Monte Calvario e ritorno in paese. Veramente Centuripe era rimasta nelle mani di pochi soldati tedeschi e niente più.
Nella sagrestia della Chiesa del S.S. Sacramento si trovava solo Padre Do Lei, ci siamo salutati, ed egli mi dice: ”Speriamo che questo Calvario finisca”. Ritornai nella mia famiglia ed era gia notte, forse verso le ore 22 quando udimmo voci di lingua tedesca. Decidemmo di restare in silenzio per non far capire che eravamo in quella grotta. Due bambini presero a litigare e pensavamo ”ora ci siamo, ora vengono” e non sappiamo come finisce a tutti noi, ma per fortuna i tedeschi si allontanarono.
Alle tre del mattino del 3 Agosto 1943, rientrai a Centuripe, dopo avere trascorso parte della notte nella grotta con la famiglia.
Non si vedeva anima viva , dietro la Chiesa madre vidi dei soldati e mi accorsi che quei soldati erano Inglesi. Mi sono avvicinato, e uno di loro che parlava siciliano, mi interrogò per sapere se avevo visto tedeschi . Gli risposi che non avevo visto nessuno e il soldato mi invitò a percorrere la Via F.Anzaldo, la Via Roma per vedere se c'erano nemici, arrivati all'imbocco con la Via Torino e mi accorsi che non c'era nessun soldato tedesco, tornai indietro di corsa e informai la pattuglia alleata che di soldati tedeschi non se ne vedevano.
Intanto, si erano radunate altre persone e ricordo benissimo i nomi di Prospero e Salvatore La Spina , Vito Anfuso, Giuseppe Ingrassia. Il soldato, che parlava quasi Siciliano appena mi vide lasciò la comitiva mi venne incontro e disse: ”Novità ?” ed io risposi ”nessuna” allora informò i suoi commilitoni di far presto per liberare Centuripe.
Mi disse di andare avanti che loro mi avrebbero seguito e così percorremmo la discesa S. Giuseppe, la Via Roma, la Via Torino, di nuovo la Via Roma e poi il Viale Giuseppe Fiorenza. Arrivati vicino la Chiesa di S. Prospero, vedemmo spuntare la Signora Graziella Saccone intesa “Graziedda a Cannia” moglie di Carmelo Mammana che cominciò gridare forse perchè non aveva capito che erano le truppe alleate. Il soldato che parlava al Siciliano le disse di non avere paura, che Centuripe stava per essere liberata e che quel giorno, per Centuripe doveva essere un giorno da ricordare come vittoria per la Pace. Imboccammo la strada Provinciale che porta all'innesto con la strada statale 121, all'ingresso della vigna del Signor Catania ci fermammo perchè gl'Inglesi avevano visto muovere alcune persone.
Appena vedevano muovere un'ombra si accingevano a sparare e io le dissi al soldato che mi capiva di non sparare, perchè laggiù cerano dei civili, tra i quali i miei familiari, così fu chiarito il caso, abbiamo salito il muro della vigna del Signor Catania, fino alla cima del Monte Porcello.
Arrivati in cima, uno che portava una cassetta iniziò a parlare, io mi avvicinai a quel soldato che parlava Siciliano e mi disse “ Centuripe e libera” ci siamo abbracciati come fratelli, e con lui altri soldati, tornai di corsa in paese arrivato nella Chiesa del S. Cuore mi attaccai alle corde della Campana, suonando a distesa che non la finivo mai più tanta era la gioia.
E la popolazione Centuripina scese in piazza percorrendo fino in Chiesa. Ed in mezzo il giubilo generale venne Salvatore Mammano inteso “U zio Turi Catinazzu” a chiedere la barella, perchè Prospero Barbagallo suo genero “U mulinaru” era morto qualche giorno prima.
In questo ultimo della tragedia di Centuripe, come la ricordo e come la vidi io. Vi chiedo scusa per i tanti errori.
Terminato il 21-6-1983  
 L’ALLUVIONE DEL 1950
Nei primi mesi del 1950 molti paesi del centro della Sicilia furono colpiti da una grave alluvione , tra questi il Comune di Centuripe, e molte strade furono invase da detriti. C’era fango ovunque, le frane avevano interrotto le comunicazioni stradali, per potere ripristinare i collegamenti tra le strade principali ed i comuni intervennero le autorità provinciali, la Prefettura ed i comuni. Vennero avviati a lavorare parecchi lavoratori con i Cantieri scuola ma, dopo avere sgombrato alcune strade principali, i lavoratori furono sospesi. I lavoratori, sostenuti dalle organizzazioni sindacali, non accettarono la sospensione in quanto molte strade erano ancora intransitabili e continuarono a lavorare proclamando lo “SCIOPERO ALLA ROVESCIA”. Cosa era lo “sciopero alla rovescia”? Per la prima volta i lavoratori invece di incrociare le braccia ed astenersi dal lavoro continuavano a lavorare, anche senza la direzione degli uffici comunali, per l’interesse della collettività.
A seguito di questa iniziativa completamente inimmaginabile, le autorità comunali e principalmente ,l’autorità prefettizia intervennero per cercare di dissuadere i lavoratori centuripini dal continuare a lavorare. I lavoratori non solo continuarono a lavorare per rendere completamente accessibile le strade e liberare Centuripe dell’isolamento ma avanzarono la richiesta di pagamento per il lavoro svolto. A quel punto, si aprì una vertenza tra i lavoratori e le autorità Prefettizie guidate dal Consigliere di Prefettura dott. Saladino. La vertenza si trascinava tra un incontro e l’altro senza trovare una soluzione. La prefettura non intendeva pagare il lavoro degli operai e non voleva “sborsare i soldi”. Le autorità comunali ed i vari sodalizi locali parteggiavano per i lavoratori. 
Tra i lavoratori che avevano sperimentato questo nuovo metodo di scioperare si distinse il compagno Costanzo Onofrio che aveva ripreso attivamente il suo posto nel sindacato e nel Partito Comunista. In risposta alla posizione intransigente della Prefettura Costanzo ed un gruppo di lavoratori si piazzarono davanti l’entrata della Chiesa Madre ( Costanzo era stato Sacrista nella Chiesa Madre) e proclamarono, per la prima volta nella storia sindacale, lo “SCIOPERO DELLA FAME”. Questo gruppo di lavoratori guidati dal compagno Costanzo, avvolti in poveri vestiti,non vollero più nè mangiare nè bere. La notizia si diffuse attraverso i giornali, arrivarono a Centuripe cronisti dei vari giornali siciliani, e un fatto che all’inizio era sembrato un avvenimento quasi folcloristico assunse una dimensione nazionale. Articoli e fotografie vennero pubblicati da diversi giornali , manifestazioni di solidarietà vennero espresse da sindacati, partiti della sinistra, ma anche da una parte del clero. Dopo alcuni giorni di sciopero e di incontri tra sindacati , Prefettura ed autorità comunali si raggiunse un accordo con cui veniva riconosciuto il lavoro prestato dai lavoratori e perciò retribuito. Per i lavoratori di Centuripe fu una grande vittoria. Il gruppo di comunisti che erano stati braccati come briganti, buttati in galera ed umiliati continuavano a dare dimostrazione di essere dei lavoratori onesti, di voler vivere del proprio lavoro, di combattere una battaglia politica nel rispetto delle leggi e della democrazia. 
Dopo i giorni di sciopero si tenne a Centuripe una manifestazione con la partecipazione del Segretario Regionale del PCI Sen. Li Causi. La foto è stata scattata al Corradino. Alcuni dei presenti: 1. il sig. Gatto (autista di noleggio). 2. Pino Vicari, Segretario della Federazione del PCI.
3. l’avv. Russo. 4. il Sen Li Causi. Dietro, tra Li Causi e Russo, Mazzone Segretario della Federazione del PSI. 5. la compagna Tina Carosia ,Responsabile delle donne Comuniste. 6. il compagno Costanzo. 7. la compagna Maccarrone, moglie di Costanzo.


L’On. Mazzaglia nella sede dell’Associazione Famiglie Numerose. Erano presenti: Onofrio Costanzo e sua moglie Biagina Di Mattia ,Gaetano Di Marco, Filippo Oliveri, Quattrocchi ed altri.

Lavoratori durante lo sciopero >
 IL P.C.I. A CENTURIPE DIVENTA UNA REALTA’

Nei primi mesi del 1950 si scatenò un grave conflitto tra la Corea del Nord e la Corea del Sud. Occorre tornare un momento indietro nella storia. La seconda guerra mondiale, con l’accordo delle grandi potenze vincitrici, in alcune zone dell’Asia e dell’Europa, lascia irrisoti alcuni problemi che inevitabilmente, nel tempo, avrebbero provocato nuovi conflitti e nuove guerre locali. In Europa la spartizione della Germania e Berlino, in Asia la divisione del Vietnam in Nord e Sud ed in Corea anch’essa divisa in Corea del Nord ed in Corea del Sud.
Tutti sappiamo come andò a finire in Vietnam dopo una guerra durata anni con centinaia di migliaia di morti: i Francesi e poi gli Americani furono cacciati via e il Vietnam diventò uno stato unitario. Nella Corea una guerra sanguinosa vedeva coinvolta la Corea del Nord appoggiata dalla Cina contro la Corea del Sud appoggiata dall’America e da altre nazioni europee. Dopo anni di guerra e più di un milione di morti si arrivò ad un armistizio e alla separazione sul 38° parallelo ancora in atto: al Nord fu instaurato un regime comunista, ormai uno dei pochi rimasti, e al Sud un regime democratico che ha dato alla nazione un grande sviluppo sociale ed economico.
Verrebbe da dire: cosa c’entra tutto questo con Centuripe? Eppure c’entra.
In quegli anni ‘50 il mondo era diviso in due grandi zone di influenza: l’America e l’Europa, cioè il Patto Atlantico da una parte, la Russia, la Cina e tutti i Paesi Comunisti dall’altra, era il periodo cosiddetto della GUERRA FREDDA in cui, per circa un cinquantennio, i partiti si schierarono ognuno dalla parte ideologica a loro più vicina.
I Comunisti ed i movimenti di sinistra si schierarono con i paesi del Patto di Varsavia, cioè con i paesi comunisti; i partiti di centro e di destra con i paesi del Patto Atlantico, America ed Europa ed altri.
I comunisti di Centuripe, come tutti i comunisti del mondo, parteggiavano apertamente per l’area comunista, e quindi si facevano manifestazioni in favore della Corea del Nord, del Vietnam del Nord e contro i paesi occidentali “capitalisti e sfruttatori dei popoli”. A Centuripe vi era un quartiere abitato prevalentemente da famiglie operaie, e perciò comunisti, che venne battezzato con il nome de “il quartiere della Corea”.
Il paese era amministrato da una coalizione capeggiata dalla Democrazia Cristiana, mentre all’opposizione vi erano il PSI ed il PCI, la lotta politica e sociale era durissima, l’odio e la discriminazione contro i Comunisti non aveva subito pausa ed era difficile parlare nelle piazze per tutti i divieti opposti dalle autorità locali e dalla Questura, come evidenziato nel documento ufficiale della richiesta per tenere un comizio nel 1953 ed il conseguente diniego della Questura.
I compagni della Sezione insistevano perché il comizio si svolgesse anche senza l’autorizzazione della Questura. L’oratore doveva essere il compagno Pino Vicari, il giorno stabilito, quindi, con il treno raggiunsi Catenanuova, da dove venne a prelevarmi il compagno Castana con la sua motocicletta. Arrivati alla Sezione mi aspettavano un gruppo di compagni, oggi potrei definirli un gruppo di “eroi”, che mi informarono che il maresciallo aveva disposto un servizio nella piazza per impedire il comizio.
I compagni mi comunicarono che nessuno voleva prestare o noleggiare un altoparlante per il comizio, ma loro erano decisi a tenere duro, io, con i miei 23 anni, giovane “focoso”, ero deciso a tenere il comizio anche su un tavolo e senza altoparlante, bisognava rompere quella cappa di paura ed incertezza. Fummo fortunati, si presentò alla sezione un compagno venditore ambulante catanese che con il suo furgoncino fornito di altoparlante girava il paese per vendere i suoi prodotti. Concordammo con il compagno che con il furgoncino salisse sulla piazzetta, essendo lo scalino molto basso, il gruppo di compagni erano pronti a collocarsi davanti al furgoncino, io mi arrampicai sul furgone e prima che il maresciallo potesse intervenire incominciai il comizio.
La piazza era quasi vuota, solo il gruppetto di compagni davanti il furgone assisteva preoccupato per la reazione del maresciallo. Il maresciallo si piazzò davanti al furgone e ci ordinò di non continuare, pena la denunzia. Anche se giovane nei comizi me la cavavo bene, incominciai a parlare, accusai la questura di Enna per non avere autorizzato il comizio, sfidai il maresciallo a togliermi la parola, usai cioè un tono e delle parole molto aggressive per incoraggiare i compagni e i tanti cittadini che ai margini della piazza sostavano, ma non si decidevano a salire sulla piazza, in attesa di vedere come andava a finire. La foga delle parole e l’esitazione del maresciallo crearono un movimento che vide molti cittadini, lavoratori, compagni del PSI avvicinarsi al furgone con un crescendo di entusiasmo ed il comizio si concluse con forti applausi e un corteo sino alla Sezione. Il segretario della Sezione finalmente prese coraggio, io mi buscai la denunzia ed il regolare processo presso la Pretura di Centuripe.

NEL 1952 SI SVOLSERO LE ELEZIONI COMUNALI, LA LISTA DELLE SINISTRE UNITE VINSE LE ELEZIONI. IL16.6.1952 con delibera n.13 VIENE ELETTO SINDACO DI CENTURIPE IL MEDICO PIETRO SCIORTINO, UOMO DI GRANDE UMANITA’ .

Il PCI diede un forte contributo sia in attività che in voti. I reduci dello sciopero della fame, dello sciopero alla rovescia e gli abitanti del “famoso” quartiere della Corea furono rappresentati nella Giunta Comunale.
Dopo più di mezzo secolo rievocare quei fatti può sembrare anacronistico, sarebbe più facile dire: “ma che storie ci vanno raccontando? Sono passati tanti anni ed alla gente non interessa più”. La storia, specialmente quella vissuta sulle spalle dei popoli e dei lavoratori, non può essere buttata come uno straccio vecchio. La democrazia e la libertà di un popolo non si raccolgono in un orto come l’ortolano raccoglie i cavoli o i finocchi. La libertà e la democrazia in Italia sono state conquistate con grandi lotte di popolo, dalla Resistenza ai grandi scioperi nelle fabbriche, alle lotte dei contadini nel feudo e contro la mafia, le lotte dei giovani per la pace ed il lavoro, per la legalità e la Costituzione.
Fatti come quelli di Centuripe, assieme ai tantissimi casi in cui venivano negati i principi elementari della democrazia e della libertà sino al limite della persecuzione poliziesca e giudiziaria, privando della libertà onesti lavoratori e buttando nella disperazione e nella miseria tante famiglie, meritano di essere raccontati per le nuove generazioni perché non si verifichino più simile vergogne. 
 Oggi
Siamo nell’anno 2014, il 15 gennaio è morta la mia cara moglie. Abbiamo vissuto 60 anni insieme, e ora, a 86 anni, mi sono rimasti solo tanti ricordi. Il nostro matrimonio fu contrastato dalla Chiesa perché in quel periodo era in vigore la scomunica contro il comunismo, ed in particolare contro i dirigenti comunisti (mi sono sposato il 26 Luglio 1953 ed ero il segretario provinciale della federazione comunista di Enna). La allora mia fidanzata Cristaldi Antonietta, pur essendo figlia unica di una famiglia cattolica, non si fece intimorire ed insieme accettammo di sposarci in municipio celebrando il matrimonio civile, cosa molto difficile da digerire a quei tempi e oggi di ordinaria amministrazione.
Sono passati 65 anni dai fatti accaduti a Centuripe, molti dei protagonisti non ci sono più, la società è completamente cambiata, la politica non si sa più dove stia di casa, i partiti non ci sono più e se ci sono si sono trasformati in partiti personali su cui ognuno mette un emblema ed il proprio nome. FORZA ITALIA con tanto di cognome BERLUSCONI, UDC-CASINI, ITALIA DE VALORI - DI PIETRO, l’ex magistrato INGROIA ha fondato un suo partito, così come VENDOLA, MONTI, FINI e tanti altri.
Un tempo i partiti erano espressione di ideologie, interessi di classe, omogeneità culturali e storiche cosi come sono previsti nella Costituzione.
I partiti avevano una loro sede in cui ci si riuniva, si dibattevano i problemi nelle assemblee, si selezionava la classe dirigente, erano centri d’incontri sociali ed umani. Per le elezioni comunali, provinciali, regionali e nazionali, i partiti si mobilitavano per selezionare i candidati, perché i voti si cercavano per il partito, per i suoi programmi e per la persona.
Tutto questo non esiste più: oggi non si vota più per la persona perché i candidati sono scelti a monte, si vota per “COSCHE AFFARISTICHE” e per ‘LOBBY DI CORPORAZIONI”. Il popolo non è più capace di indignarsi, di reagire, di incazzarsi.
Per chi come me appartiene ad un’altra generazione e ha vissuto in prima persona grandi battaglie, pur riconoscendo che sono passati tanti decenni, che tante cose sono cambiate e che siamo nell’epoca dell’informatica, è difficile adattarsi a questo nuovo modo di concepire la politica, e con grande nostalgia devo dire…mi manca qualcosa! 



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