Io il nonno me l'ero comprato
IO, UN NONNO ME L'ERO COMPRATO
di Angelo Signorelli
L idea non era poi tanto male: organizzare la "Giornata dell'Anziano" nella nostra scuola. Ognuno di noi avrebbe avuto il compito di segnalare il nome dei propri nonni disposti ad animare la festa con recite, barzellette, canti ed esibizioni di vario tipo.
Non avevo avuto il coraggio di dire all'insegnante che per me sarebbe stato un adempimento impossibile, perché io, di nonni, non ne avevo mai avuti. Mio padre era orfano di guerra di entrambi i genitori e la mia mamma, che purtroppo non c'era più, era stata allevata in un orfanotrofio per bambini abbandonati.
A casa mia la parola "nonno" era considerata un tabù. Io ritenevo fosse una vera e propria menomazione il fatto di non avere un nonno del quale poter parlare a scuola, così come facevano i miei compagni.
Era una vera ingiustizia sociale! Quasi tutti avevano quattro nonni. Qualcuno un po' di meno ma, almeno uno, l'avevano tutti. Michelotti ne aveva sei: la sua mamma era morta dandolo alla luce e un anno dopo il padre si era risposato, regalandogli altri due nonni. Per non parlare di Franco Marchetti (il solito raccomandato?). Lui, di nonni, n'aveva una caterva: i suoi genitori erano divorziati e ognuno di loro si era risposato, regalandogliene altri due (totale otto!). Più volte ero stato tentato di convincerlo a vendermi un nonno, magari quello che era per lui il più antipatico. Glielo avrei pagato bene: sarei stato disposto a cedergli perfino il computer portatile che lui desiderava e al quale io tenevo tanto!
Una pazza idea, la mia, alla quale ho sempre finito per rinunciare per non essere sbugiardato dai compagni nel caso fosse stata scoperta la frode.
Io, però, per non essere da meno dei compagni, un nonno me l'ero inventato. Si chiamava Augusto. Era bravo in tutto. Sapeva raccontarmi belle favole. In gioventù era stato un bravissimo atleta e campione di pugilato. Era appassionato di motori e possedeva una macchina da corsa: un vero e proprio bolide con il quale mi portava a fare dei giri di pista a velocità mozzafiato.
La cosa che più di tutto entusiasmava i miei increduli ascoltatori era quando raccontavo loro che, quel fantastico nonno Augusto, era un abile prestigiatore e illusionista, capace di far sparire, sotto gli occhi allibiti degli spettatori anche un grosso elefante o una lus-suosa automobile. Tagliava a pezzi una donna e, in pochi secondi, la faceva ritornare intera come prima.
La cosa che più mi affascinava, era quando mi raccontava della sua vita d'artista: prestidigitatore, illusionista. In quegli attimi rivivevo assieme a lui, come fatti realmente vissuti, le fantastiche avventure di un artista d'altri tempi nei più importanti teatri delle capitali: Roma, Parigi, Londra, Madrid, Berlino, Las Vegas, New York, Caracas, Baltimora.
Di tanto in tanto, per avvalorare e rendere ancor più credibile il suo racconto, si esibiva in qualche semplice gioco di prestigio del quale, però, non mi svelava mai il trucco!
- Chiamami nonno Augusto - mi disse un giorno -. Ho sempre desiderato avere un nipotino.
- A dire il vero trovavo difficoltà e imbarazzo a chiamarlo nonno, e non soltanto perché era un barbone ma perché non ero abituato.
Erano trascorse due settimane da quando l'avevo rivisto. Eravamo andati in montagna per prenotare le vacanze invernali e fu proprio in quell'occasione che, preso dalla disperazione di trovare una soluzione al mio impegno scolastico, mi ero accordato con lui perché mi facesse da nonno in occasione della "Giornata dell'Anziano".
- Accetto volentieri, - mi disse - ma... voglio essere pagato!
- D'accordo, - risposi - quanto vuoi?
- - Niente denaro -, ribatté - soltanto il computer che avresti dato al tuo compagno Marchetti, se t'avesse ceduto uno dei suoi nonni!
- Accettai lo scambio senza pensarci due volte... Tanto, il giorno del mio compleanno, ne avrei ricevuto uno nuovo e con lo schermo a colori (anche se ritenevo eccessivo pagare un così alto prezzo per un breve "noleggio di un nonno" per un così breve tempo!).
- - Eccoti quel che hai chiesto, - gli dissi, qualche ora più tardi, mentre gli consegnavo il computer racchiuso nella sua elegante custodia di plastica nera.
- - Cerca, di essere puntuale; vestiti in modo presentabile e datti una sistematina alla barba e ai capelli. Non farmi fare magra figura...mi raccomando!
- - Stai tranquillo! - mi rassicurò sorridendo - Son certo che rimarrai contento del modo come interpreterò la parte del nonno che, fra l'altro, a me piace tanto! Per il resto, essere puntuale e far bella figura è la virtù dei veri artisti!
- Presi i dovuti accordi, con dettagli e nei minimi particolari, lo salutai fiducioso mentre esclamavo sottovoce: "Che Dio me la mandi buona!"
- Lo spettacolo era stato organizzato nel grande cortile della scuola dove era stato approntato un ampio e solido palco di legno, artisticamente ornato con vasi di fiori e completato da un originale scenario allestito dagli alunni.
- La sera della festa era un brulicare di nonni, zii, mamme e papà. Tutti elegantemente vestiti, chiacchieravano tra loro nell'attesa dell'inizio dello spettacolo. Soltanto io ero solo (mio papà era all'estero e la zia Geltrude, con la quale abitavo, non era tipo da scomodarsi per assistere ad una recita scolastica). Tutto sommato, non mi dispiaceva essere solo: diversamente, non avrei potuto mettere in atto quel mio diabolico piano.
- I minuti passavano inesorabili e si avvicinava l'inizio dello spettacolo. Le preoccupazioni aumentavano mentre atroci pensieri affollavano la mia mente.
- Del nonno Augusto... neanche l'ombra!
- Che mi avesse bidonato?1 E poi, si sarebbe presentato in un modo decente? Avrebbe fatto bella figura con quel suo spettacolo che avevo tanto vantato tra i miei compagni?
- Facevo di tutto per non pensarci, ma inutilmente. Sarei voluto sprofondare o dissolvermi nel nulla. Immaginavo le paroline di scherno e le risatine che avrei dovuto sopportare il giorno dopo. Ero assorto in quei pensieri quando udii alle mie spalle la voce sarcastica del maestro:
- - Allora! Quando arriva questo tuo fantastico nonno Augusto? Ho programmato per ultimo il suo numero per chiudere in bellezza lo spettacolo.
- - Arriverà... arriverà... Stia tranquillo! - lo rassicurai (anche se io, per primo, avrei avuto bisogno di rassicurazioni...)
- Con qualche minuto di ritardo sull'orario pro-grammato ebbe inizio lo spettacolo. Si spensero le luci del piazzale e due potenti fari illuminarono a giorno il palco.
- Toccò al mio maestro, in qualità d'organizzatore della festa, presentare lo spettacolo. Ebbe parole di ringraziamento per tutti i presenti e, in particolare, per i coraggiosi nonni che si erano offerti ad esibirsi. Concluse, poi, annunziando un "finale strabiliante", presentato da un vero artista.
- Queste ultime parole mi procurarono un po' d'inquietudine mista ad un forte incoraggiamento. Sapevo benissimo che la fantastica attrazione finale era quella del mio pseudo-nonno, Augusto, che... non arrivava. Pensai: - Se il mio maestro ha tanta fiducia in quest'uomo, che per altro non ha mai visto, perché non devo averla io che lo conosco e, tutto sommato, sono il nipote?!
- Ebbe inizio lo spettacolo e sul palco si alternarono cantanti, musicisti, comici, barzellettieri, poeti, acrobati e giocolieri. Certamente non erano dei professionisti: qualcuno era veramente deludente ma tutti, ugualmente, ricevettero calorosi applausi d'incoraggiamento e in modo particolare l'ultimo che si era esibito in un patetico e difficile esercizio di contorsionismo, per nulla adatto alla sua veneranda età. Rimase incastrato tra le gambe e le barre laterali di una sedia, attraverso la quale si ostinava a voler passare. Fu portato via, così com'era intrappolato, da quattro robusti genitori, tra gli applausi del pubblico frammisti a qualche sarcastica risatina.
- Tutti si erano alzati in piedi per meglio seguire quella scena comico-patetica. Tutti, tranne me. Mentre stavo raggomitolato sulla sedia nell'attesa di nonno Augusto, che non si vedeva e che sembrava non dovesse più arrivare, udii il rombo eloquente di un potente motore da corsa.
- Improvvisa si levò una nuvola biancastra e, come per miracolo, apparve sul palco una splendida biposto rossa: la mitica Ferrari Testarossa del 57 (la mia auto preferita e della quale conservo un modellino).
- Seguì un attimo di generale smarrimento per l'improvvisa e inaspettata apparizione, poi tutti applaudirono e in modo particolare io che avevo riconosciuto il mio finto nonno Augusto al volante di quel bolide rosso.
- Con balzo atletico, il pilota scese dalla macchina e, toltosi il casco, si esibì in un professionale inchino che ebbe l'effetto di aumentare l'intensità dei già calorosi applausi. Estratto dal taschino un ventaglietto, cominciò a sventolarlo, dapprima lentamente poi con movimenti sempre più rapidi.
- Come per incanto, il ventaglio aumentava di dimensioni fino a diventare gigantesco e trasformarsi, alla fine, in un elegante séparé dietro il quale si nascose l'artista. Riapparve dopo qualche istante. Era completamente cambiato e ben diverso del barbone che conoscevo; appariva ora come un distinto signore dall'aspetto elegante e raffinato. Indossava un attillato frac nero con i risvolti in raso lucido e con falde a coda di rondine. Portava in testa un cilindro nero che metteva in armonico risalto la folta e ben curata barba bianca. Teneva sulle spalle un elegante mantello nero con fodera bianca. Dalla camicia di seta con sbuffi di merletto, spiccava un papillon sotto il quale pendeva una collana con medaglia d'oro.
- Era un vero prestigiatore!
- Accompagnato da una misteriosa musica di sot-tofondo, egli sfilò i guanti, li accartocciò, li lanciò in aria da dove ridiscesero, magicamente trasformati, in due splendide colombe bianche che, dopo un breve volo sulla platea, si appollaiarono sul parabrezza della macchina.
- L'artista prese in mano il microfono e cominciò a parlare: - Signore e signori, bambine e bambini. Ho il piacere di presentarvi alcuni numeri di magia e illusionismo che, spero, saranno di vostro gradimento. Per la buona riuscita dello spettacolo, mì occorre la collaborazione di uno di voi. Penso che la persona più adatta potrebbe essere il mio amato nipotino, Darlo! un bambino molto timido; incoraggiamolo con un forte applauso. (Per chi non l'avesse ancora capito, il timido Dario ero proprio io!)
- Gli scroscianti applausi del pubblico (era la prima volta che ricevevo tanta lode!) spinsero, come per incanto, le mie gambe tremanti fin sopra il palco. La mia emozione aumentò ancor di più quando la grande mano dell'artista sfiorò delicatamente la mia testa. Era la prima volta che provavo l'emozione della carezza di un nonno!
- Ebbe, così, inizio il fantastico numero di magia. Come prima cosa mi diede da tenere tra le mani il suo cilindro dal quale, dopo averlo coperto con un semplice foulard rosso, sotto i miei occhi increduli, estrasse un grosso coniglio bianco. Applausi a non finire!
- Mi fece poi sedere su di una sedia; mi coprì gli occhi con una benda e, con garbo, mi legò alla spalliera. Udii una strana parola magica ed ebbi la sensazione di iniziare a volare. Ben presto mi resi conto che non si trattava di un'impressione ma che stavo volando realmente, con tutta la sedia alla quale ero legato, sopra il pubblico che sentivo applaudire a più non posso sotto di me.
- Dopo un volo durato pochi secondi, ma che a me sembrò interminabile, planai delicatamente sul palco, tra lo scrosciare degli applausi...
- - Ed ora, - continuò il prestigiatore - vi prego di osservare il massimo silenzio e di porre la massima attenzione al prossimo numero. Sotto i vostri occhi taglierò in tre parti il mio nipotino, ma potete star tranquilli... lui non sentirà alcun dolore e vi garantisco che lo ricomporrò immediatamente!
- Mi invitò, poi, ad entrare in un grosso cilindro di plastica trasparente e mi legò, ben fermo ad un apposito supporto, in modo tale da non potermi muovere. Poi ricoprì il tutto con un panno nero e, mentre sottovoce mi tranquillizzava, rassicurandomi che nulla poteva accadermi, cominciò a tagliare con una sega elettrica dividendo in tre pezzi uguali il cilindro.
- Non ebbi paura: avevo capito che si trattava di una pura e semplice illusione. Non avevo percepito il benché minimo dolore. Eppure, lo stesso, provai grande stupore e meraviglia nel vedere, una volta tolti i teli, le mie gambe e il mio busto in altrettanti pezzi di cilindro ben lontani dalla testa (con la quale ragionavo perfettamente!). I1 pubblico era letteralmente come impazzito. Applaudiva e gridava a voce alta - Bravi! Bravi! Bis!
- È inutile assicurarvi che, una volta riuniti e rimessi a posto i tre pezzi di cilindro, io uscii perfettamente incolume, pronto a raccogliere la mia parte d'applausi.
- - Grazie per l'accoglienza e per i calorosi applausi che io dedico interamente al mio amato e bravo nipote... per la fiducia, il coraggio e la professionalità che ha dimostrato nel partecipare all'esecuzione di questi numeri. Personalmente voglio ringraziarlo esaudendo un suo gran desiderio: tornare a casa non da solo, come fa sempre. Questa volta sarò io ad accompagnarlo e gli farò provare l'emozione di essere a bordo di questo magnifico bolide. Per concludere in bellezza, assisterete ora ad un numero che ha dell'incredibile: sotto i vostri occhi esterrefatti, vedrete sparire nel nulla la macchina con noi due a bordo. Un magico "ciao a tutti", ancora grazie e arrivederci a presto!
- Dopo avere sistemato gli attrezzi e le colombe nell'angusto bagagliaio, m'invitò a sedere al suo fianco. Due uomini coprirono la macchina con un grande telo nero. Fu buio completo!
- Ebbi la sensazione che una gigantesca mano afferrasse la macchina, come fosse un giocattolo, per spostarla lontano dal palco.
- L'assordante rombo del "dodici cilindri" mi fece aprire gli occhi. La potentissima Ferrari sfrecciava ora, divorando i chilometri di una strada larghissima e solitaria, mentre una possente energia cinetica mi attaccava allo schienale. Il vento accarezzava i miei capelli ed era come se stessi immobile mentre ai lati gli alberi della campagna, baciata dai raggi della luna, sfuggivano svanendo come fantasmi nella direzione opposta.
- Mi sembrava di sognare e non avvertivo la benché minima paura. Chiusi gli occhi con la speranza di poter prolungare al massimo quel carico di emozioni indescrivibili. Quando li riaprii, capii subito che stavamo ormai per arrivare a casa. Peccato... quel meraviglioso sogno volgeva al termine!
- Giunti davanti la porta di casa, nonno Augusto, mentre accarezzava la mia testa con la mano sinistra, mi consegnò un pacco con l'altra mano. Senza rendermi conto, lo abbracciai e gli diedi un grosso bacio sulla guancia.
- - Tieni, - mi disse con voce stentata - è per te! Sappi che ti voglio un gran bene? Ciao!
- Abbassò la visiera del casco per nascondere due grosse lacrime che solcavano il suo volto rugoso; poi, sgommando, ripartì con il potente bolide.
- - Ciao, nonno, balbettai con voce soffocata per l'emozione - a presto!
- Poi, senza rendermene conto, sommessamente esclamai:
- "Però, a ben pensarci... il nonno, che bella invenzioneI"
- Acceso l'elegante computer; sul monitor a colori, spiccava la scritta:
-
- PER TE, DARIO.
A VOLTE I SOGNI, COME PER MAGIA, POSSONO
DIVENTARE REALTÀ: BASTA CREDERCI!
NONNO AUGUSTO