La Corona
La Corona
di Michele Arigano
Sei persone discutevano animatamente accusandosi a vicenda. L’Ispettore Ragona non si sarebbe mai immaginato di trovare una tale confusione all’interno di una sacrestia. Rimase lì ad osservare velocemente quella gente riconoscendo il parroco della chiesa, che stava in piedi dinanzi al famoso casciarizzo, immenso armadio nero finemente scolpito, e altri autorevoli personaggi della città. La sua attenzione si soffermò sul Rettore del duomo, quest’ ultimo sembrava essere posseduto, per il modo con cui gesticolava, inveendo contro i presenti. «Scusate signori» disse ad alta voce l’ ispettore.
«Sono l’Ispettore Ragona, dalla centrale mi hanno detto che qualcuno di voi voleva parlarmi». «Ispettore. Sono stato io a chiamarla!» disse con voce turbata il parroco. «Ē necessario che lei mi segua per capire la tragedia che ha colpito la nostra chiesa.» Ragona seguì il sacerdote chiedendosi cosa fosse successo di tanto terribile. Attraversata la porta i due uomini si ritrovarono all’interno dell’ imponente chiesa. Colpivano immediatamente le tre navate divise da archi e sostenute da colonne di alabastro nero, ogni angolo del duomo era decorato a festa. La Madonna, la Patrona della città, era stata riposta nella sua nicchia completamente vestita d’oro. Oro che generalmente veniva custodito nel museo adiacente la chiesa. Ragona si guardò intorno notando il battistero chiuso da un possente cancello in ferro battuto. Solo i più alti in grado della confraternita possedevano la chiave per accedervi. Raggiunto il transetto l’Ispettore si diressero verso la Cappella dove si trovava la famosa nicchia della Madonna. Splendida nella sua celeste imponenza, la statua della Madonna incantava i presenti con la sua veste dorata ricca di svariati preziosi di diverso valore. Qualcosa però improvvisamente turbò la famosa fermezza dell’ ispettore. «Ma questo è impossibile!» disse con voce strozzata. «Dov’è la corona di Nostra Signora?» Il volto del sacerdote era funereo, lo sguardo perso verso il capo scoperto della statua. «Ispettore, spero che possa darmi lei al più presto una risposta» sospirò il parroco. «Ma qui è tutto aperto, può essere stato chiunque!» obbiettò l’Ispettore, che stranamente si sentiva poco fiducioso nel risolvere un caso simile. «Questo non è esatto!» proruppe un signore dall’aria stanca. Ragona riconobbe il Rettore. «La corona si trovava al suo posto sino a poco meno di un ora fa…era lì…e sono sicuro che nessuno è entrato in questa parte della chiesa, a parte lei ispettore e M o n s i g n o r e . » «Signor Murgano» disse il parroco con tono di rimprovero «vuole forse insinuare che chi ha rubato la corona si trova ancora qui? A parte noi, di là ci sono solo personaggi influenti, politici e preziosi benefa t t o r i » «Monsi gnor e so quello che dico, qualcuno di loro ha trafugato la Corona…la nostra fonte…la fonte più preziosa che possediamo » terminò sommessamente il rettore. «Forse il Rettore ha ragione!» esclamò con vigore Ragona ritrovando la vecchia solidità. «La corona non può essere stata portata fuori dalla chiesa.» Intanto nella sacrestia la situazione non era cambiata.
I due autorevoli uomini politici presenti , erano arrivati ormai ai ferri corti, la scomparsa della Corona avrebbe gravato anche sulle finanze della città. Il rettore, ritornato dentro anche lui, iniziò nuovamente a inveire contro un uomo e una donna fino al punto estremo di spintonare la donna, facendola barcollare.«Signori scusatemi!» intervenne Ragona alzando la voce riuscendo a bloccare i contendenti. «Mi dispiace interrompervi ma avrei delle domande da farvi» disse ironicamente l’ispettore. «Ispettore Ragona forse lei non ha capito bene con chi sta parlando» intonò con prepotenza un tipo atletico e giovanile che aspirava, in un futuro non troppo lontano, a diventare sindaco. «Al contrario signor Pecora so esattamente chi è lei e chi sono tutti gli altri, ma le circostanze mi impongono di affrettare le indagini; la reliquia rubata è un bene prezioso per la chiesa e per tutta la città. » «Inestimabile direi!» aggiunse l’uomo aggredito prima dal rettore, che stringeva la mano alla sua compagna. «Benissimo, allora inizierò da lei. Lei è il signor Mantia, e se non sbaglio non è di Enna. Mi può dire per quale motivo si trova qui oggi?» lo interrogò l’ispettore. «Certo ispettore, sono venuto qui, con mia moglie, solo per proporre un… affare… al nostro caro parroco.» Le labbra del rettore, in quel momento, si strinsero in una smorfia e questo non passò inosservato a Ragona. «E voi signori ?» chiese l’ispettore rivolgendosi ai due uomini politici. «Sono stato chiamato dal signor Mantia» rispose Giunta, l’altro uomo politico, che al contrario del suo rivale era grasso e poco curato. «Idem!» abbreviò Pecora. «Di che affare si tratta precisamente?» domandò l’ ispettore, nuovamente a Mantia. «Vuole rovinare la chiesa! » si intromise con tono duro Murgano. «Vuole rendere il duomo un’ attrazione per ricchi signori» continuò alzando la voce. «Calma, Murgano» lo ammonì il sacerdote.
«Scusatelo signori, la verità è che il duomo purtroppo ha bisogno di riparazioni e i soldi scarseggiano.» «E avvoltoi come i signori Mantia ne approfittano» ribadì il rettore. Le sue parole comunque non impressionarono i due coniugi. Ma il rettore proseguì imperterrito nella sua accusa. «Sono loro i colpevoli. Ho visto chiaramente quella donna prendere i gioielli dalla statua». «Signor Murgano è consapevole delle accuse che sta muovendo ai signori Mantia?» domandò l’ispettore. «Certo! Li perquisisca. Controlli nelle loro tasche» rispose con sicurezza il rettore. La donna malgrado le accuse sorrise, ma il suo volto si incupì quando tra le mani dell’agente che la perquisiva apparve un bracciale d’ oro tempestato di brillanti. Ragona non diede il tempo a nessuno di replicare, con fermezza e autorità obbligò i presenti a seguirlo di fronte il battistero. «Cosa ci facciamo qui?» domandò Pecora. «Arresti questi due» replicò Giunta indicando i due coniugi, ormai sconvolti. «Signor Giunta» disse Ragona «non abbia fretta.» «Non capisco» obbiettò questi. «Vede, in casi come questo, la fretta è cattiva consigliera. Tutto quello che appare, alla fine risulta non essere vero. Comunque sono pienamente convinto che ora il nostro rettore ci darà la sua spiegazione circa questo strano furto, non è vero?» «Lei è un pazzo» disse il Rettore. «No, non lo sono e lei lo sa benissimo, vero signor Murgano? Lei ha avuto troppa fretta nel voler incolpare i coniugi Mantia. Rappresentavano, per lei e la “sua chiesa” una seria minaccia. Lei è stato molto abile nel mostrarsi arrabbiato sino al punto da spintonare la signora Mantia, infilandole così, senza che nessuno se ne accorgesse, i gioielli nella sua tasca ». « Allora, vista la sua certezza nell’ accusarmi, vuole dirmi dove accidenti avrei nascosto la corona secondo lei?» chiese il rettore, paonazzo dalla rabbia. «In un posto dove l’accesso era limitato…proprio lì dove c’è la fonte…ricorda Rettore le sue parole? “la fonte più preziosa che possediamo” » rispose con pacatezza l ’ i s p e t t o r e . «Monsignore potrebbe aprirmi il cancello del battistero?» Ragona si diresse verso il prezioso fonte battesimale e con cautela alzò il coperchio. Al suo interno si trovava, nascosta, la corona della Madonna, in oro, diamanti e gemme. «Allora signor Murgano, adesso vuole spiegarci, finalmente, il perché di tutta questa messinscena? » chiese Ragona. Il Rettore proruppe in un pianto disperato e cadendo in ginocchio iniziò la sua confessione.«Volevo solo salvare la nostra chiesa. Mi sono sempre occupato di questa chiesa con dedizione. Sono io che mi prendo cura di tutto qui…Ho sempre servito fedelmente la chiesa e la Madonna. Quindi ho pensato che senza la corona nessuno sarebbe stato più disposto ad investire un centesimo nel duomo, evitando così di trasformare la Nostra Sacra Chiesa in una volgare attrazione turistica.»
«Signor Murgano» concluse l’ ispettore Ragona «non è un male permettere a chiunque di poter ammirare e glorificare la casa di nostro Signore, e la statua della Madonna è un bene di tutti, proprio come la sua corona. Il vero delitto…» aggiunse «sarebbe stato quello di privare la gente di tale tesoro.»
FINE