Pino Vicari e Carmelo Librizzi, due sindacalisti condannati a morte - Il Campanile Enna

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Pino Vicari e Carmelo Librizzi, due sindacalisti condannati a morte

I luoghi della memoria > Civiltà contadina > Condannati a morte

post inserito il 7/8/2013, testo di Giuseppe Nativo, foto archivio Pino Vicari

Pino Vicari

Enna 1948. Summit mafioso in contrada Furma
Sentenza di morte per due sindacalisti che lottano per il popolo:
Pino Vicari e Carmelo Librizzi

La memoria storica è testimonianza del passato. E’ un diario, un salvadanaio dello spirito. Una sorta di contenitore in cui sono stipati non solo i grandi eventi ma anche quelli legati alla micro-storia locale. Quest’ultimi si leggeranno raramente sui libri scolastici ma non per questo meno vissuti dai protagonisti, persone che hanno lottato per il prossimo a costo della propria incolumità.
E’ quanto accaduto a Pino Vicari, classe 1927, figlio di terra ennese. Nato in una famiglia di minatori dello zolfo, il suo animo sincero ma battagliero lo spinge ad occuparsi dei suoi concittadini. Dirigente della Federterra dal 1946 al 1948, poi segretario del Pci e successivamente segretario provinciale della Cgil. Insomma, uno dei massimi protagonisti di quegli anni di lotta per l’occupazione delle terre e per la divisione dei prodotti tra il mezzadro e il proprietario (decreto Gullo). Proprio nel ’48 Vicari, in solido con altro sindacalista, Carmelo Librizzi, in qualità di esponenti ennesi del movimento contadino, è colpito da sentenza di morte promulgata in un summit mafioso, notizia consegnata alle stampe a circa mezzo secolo di distanza con la pubblicazione di un volume (“Condannati a morte”, 2002). Ma perché tale estrema punizione?

Il clima che si respira in quegli anni è caratterizzato da fermenti politici e sociali. Nel ’47 in Sicilia si svolgono le elezioni regionali. Le sinistre si presentano compatte nel Blocco del Popolo con l’emblema della testa di Giuseppe Garibaldi, ottenendo grande successo con il 30,4% dei voti. Sulla base di tale esperienza si preparano ad affrontare le elezioni dell’aprile 1948 unite nel Fronte Popolare. Anche nella provincia di Enna, come nel resto dell’Isola, si sente l’aria di elezioni. Fermenti sociali intensificano la lotta nelle campagne per la conquista delle terre incolte e mal coltivate, seguendo la via delle riforme intrapresa dal ministro Gullo, e perciò contro il latifondo, per una vita più umana e con salari più equi.
Lo schieramento opposto fa leva sulla Democrazia cristiana. Sono gli anni del Piano Marshall (uno dei piani politico-economici statunitensi per la ricostruzione dell’Europa); del viaggio di De Gasperi (nel 1947 Presidente del Consiglio) negli USA; in estate del ’47 la grande mattanza delle sinistre con la cacciata dei comunisti francesi e italiani dai governi di cui fanno parte.
La campagna elettorale del 18 aprile 1948 è condotta dai due schieramenti, senza esclusione di colpi. Per l’Occidente è vitale che l’Italia non vada in mano alle sinistre. Queste in Sicilia puntano al voto popolare; si moltiplicano le repressioni da parte delle forze di polizia. La mafia, racconta Pino Vicari, viene mobilitata affinché scateni il terrore nelle campagne. Si moltiplicano in tal modo i morti ammazzati, dirigenti di prestigiose cooperative, di leghe contadine. In tale scenario, il 20 febbraio 1948, si celebra il summit mafioso in contrada Furma, luogo tristemente noto per il verificarsi di efferati omicidi, tra Grottacalda e Piazza Armerina, in una elegante palazzina del feudo già del Conte Ajala. In quell’epoca sono proprietari i fratelli Mongiovino, il cui capostipite Giovanni, come dichiarato da Antonio Calderone (mafioso di spicco della “famiglia” di Catania e poi grande pentito), sarebbe stato a capo della provincia di Enna e componente autorevole della cupola regionale.

A quella riunione, racconta Vicari, partecipano pezzi quotati della provincia di Caltanissetta, Agrigento e Palermo, dove avevano già trovato la morte alcuni dirigenti sindacali. Tema principe del summit è quello di sollecitare la mafia locale per dare un segnale forte, un avvertimento al movimento contadino ed alla sinistra, procedendo all’uccisione di qualche dirigente sindacale, individuati nei due esponenti del movimento contadino della provincia di Enna, cioè Carmelo Librizzi (segretario della Federterra) e lo stesso Vicari (vice segretario), entrambi componenti delle Commissioni per le terre incolte e mal coltivate presso il tribunale di Enna e Nicosia. La lupara si sarebbe usata solo per uno dei sindacalisti. Mongiovino prende tempo. A lui la decisione circa i tempi e modalità dell’azione mafiosa. La tattica temporeggiatrice risulta essere molto opportuna, rivela Vicari. Caso vuole che Mongiovino è amico di uno zio (sig. Fascetta Michelangelo) da parte materna dello stesso Vicari. Sul finire degli anni ’20, nel corso di un’azione repressiva del Prefetto Mori, i due erano stati associati nello stesso carcere. “Nessuno – dice Vicari – può affermare se tra i due vi sia stato qualche incontro”. Una cosa è certa: lo zio Michelangelo, non avendo prole, è molto affezionato a suo nipote. In che misura tale situazione e il rapporto personale tra due “ex colleghi” di prigione abbia potuto incidere sull’umana vicenda non è dato sapere, soprattutto a distanza di oltre mezzo secolo dai fatti appena citati. Dopo le indiscrezioni del summit mafioso di contrada Furma, si svolge una riunione molto riservata nella Federazione del Pci e del Psi per decidere le iniziative da intraprendere a difesa dei sindacalisti oggetto di mire mafiose. Sono prese due iniziative: maggiore vigilanza e protezione dei “compagni” maggiormente a rischio e quella di promuovere una riunione a Palermo per sensibilizzare i dirigenti regionali. A quest’ultima, racconta ancora Vicari, partecipano l’on. Li Causi con notevole esperienza di lotta alla mafia, Nicola Cipolla (segretario regionale della Federterra), l’on. Gino Cortese della Federazione di Caltanissetta, l’on. docente universitario Giuseppe Montalbano da Agrigento (il cui figliolo aveva trovatola morte sotto la lupara bianca). C’è l’appoggio di tutte le forze politiche, mentre alle organizzazioni sindacali e politiche dell’ennese è consigliato di utilizzare il clima elettorale del prossimo aprile ’48 affinché, nei comizi e manifestazioni, si denunciasse pubblicamente l’esito del summit di Furma.
Il 16 aprile 1948 la campagna elettorale si conclude ad Enna. Dal balcone del municipio, dinanzi una piazza stracolma di cittadini, parlano Pino Vicari per il Pci e Mazzone per il Psi i quali parlano pubblicamente della riunione mafiosa di contrada Furma svelando le decisioni prese e puntando il dito contro i progetti mafiosi e sulle responsabilità di ciò che sarebbe potuto accadere. In nome del Fronte popolare è fatta la promessa, in caso di vittoria, di ripristinare la legge dello stato nelle campagne e di combattere con tutti i mezzi la mafia.
Le elezioni politiche si concludono con la vittoria della Democrazia cristiana che si aggiudica la maggioranza relativa dei voti e quella assoluta dei seggi. Questo risultato rende il partito di De Gasperi il punto di riferimento per l’elettorato anticomunista.
Il movimento sindacale e la sinistra – conclude Vicari – “si dovettero rimboccare le maniche e rimettersi al lavoro per rilanciare le lotte contadine, con maggiore difficoltà di prima”. Al di là delle problematiche di natura politica, c’è da dire che fortunatamente la sentenza mafiosa non fu mai eseguita, Librizzi è morto di morte naturale e Vicari si gode la vecchiaia rappresentando per le nuove generazioni la memoria del passato, elemento fondamentale per formare la coscienza dei giovani.


Giuseppe Nativo

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