Giuseppe Fontanazza, poeta, Direttore della Biblioteca - Il Campanile Enna

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Giuseppe Fontanazza, poeta, Direttore della Biblioteca

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Giuseppe Fontanazza Roxas,
direttore della Biblioteca

Giuseppe Fontanazza
nel ricordo di Andrea Camilleri
(da Enna città dei ricordi)

Camilleri racconta
il periodo della sua vita ad Enna
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Ma il «luogo» ennese che io ricordo  con  affetto e gratitudine è un altro. Un giorno, che già era inverno, dovetti recarmi in Municipio per farmi rilasciare non ricordo più quale documento. Appena passato il portone, mi arrivò, dal lato sinistro dell'atrio, un'onda leggera  d'aria tiepida. Veniva da una porta aperta sulla quale c'era scritto «Biblioteca comunale». Mi avvicinai, diedi un'occhiata all'interno. Era uno stanzone tutto scaffali pieni di libri, messi in perfetto ordine. Dallo stanzone si aprivano porte verso altre camere con scaffali e libri. Leggo da quando avevo sei anni e capii perciò immediatamente di aver scoperto una miniera d'oro. Entrai. Un uomo in maniche di camicia stava riempiendo di legna una stufa. Si volse.  «Desidera?».
Gli risposi che volevo guardare intorno. Mi taliò con un  luce di speranza.
«Lei legge?».
Alla mia risposta affermativa mi condusse in una sorta di  gabbiotto a vetri, si mise la giacca.
«Sono l 'avvocato Fontanazza, il direttore».
Diventai molto amico di quell'uomo colto, caustico, stravagante. Un giorno mi fece un autentico regalo: mi aprì una porta. E dietro quella porta c era il lascito di Francesco Lanza, scrittore di gran razza, fondatore con Nino Savarese di un «Lunario» destinato ai contadini, ma estremamente raffinato. Oltre alle sue carte, corrispondenza  inediti,  c'erano i suoi libri e le sue riviste, quelle leggendarie come «La Ronda» o«L'Acerba». La mia cultura letteraria me la formai lì: ogni mattina alle nove mi presentavo puntuale e l'avvocato mi accoglieva a braccia aperte. Ero l'unico suo cliente.
Oggi Enna è una città modernissima, in alcuni campi commerciali e industriali addirittura all'avanguardia. Ma la mia memoria e il mio cuore sono rimasti a quegli anni, quando bastarono un paesaggio, quattro amici e qualche libro a non farmi più sentire freddo a mille metri d 'altezza.
                                                                                                                                                                                     Andrea Camilleri


Giuseppe Fontanazza era nipote del genero del barone Angelo Varisano, Don Giovanni Roxas, la cui figlia sposò un Fontanazza.
Laureato in Legge, fu Direttore della Biblioteca di Enna il suo ruolo nel mondo culturale ennese non fu solo istituzionale, ma pubblicò il libro di poesie "Versi antichi" e scrisse dei racconti rimasti inediti.
Giuseppe Fontanazza ebbe anche un rilevante ruolo nella formazione di scrittore di Andrea Camilleri, come lo stesso ci racconta.
Fu amico di Nino Savarese, di Francesco Lanza, del poeta di Villarosa Vincenzo De Simone.
Le foto, i documenti, e gli scritti pubblicati sul Campanile provengono dall'archivio di famiglia.   

I genitori di Giuseppe Fontanazza
Roxas

Prefazione di Vincenzo De Simone a "Vecchi motivi"

Fine e delicata poesia è in verità questa di Giuseppe Fontanazza, il quale dagli spalti della sua sicula Enna vede il mondo ancora arcadimente. Difatti egli coglie i suoi ritmi là dove Persefone la bella figlia di demetra, intesseva i suoi fiori.
Il paesaggio, la verità montana, la lontananza della turbinosità metropolitana hanno concorso a che il poeta foggiasse i suoi versi di trasparente melodia. E così egli con grazia teocritea e sospirosa ansia catulliana scioglie soavissimi idilli alle belle vergini dei suoi sogni, intanto che sotto le ombre aulirose di taciti misteriosi viali intende l'orecchio al gorgheggio di fontane e di rosignoli. Miracolosamente. Prestiamo anche noi l'orecchio alle brevi battute del "l'usignolo" ennese.
Questo Giuseppe Fontanazza  non è soverchiamente verboso e canterino ma ha per contro il merito di essere breve e di snodare il suo canto in note veramente astrali che si alimenta del nettare transustanziale che sana ogni dubbio  ogni dolore della nostra terrenità.
Questo è il tessuto lirico di "Vecchi motivi". Per ciò che riguarda la forma bisogna dire che molto onorevolmente il nostro poeta rifugge dagli ermetismi e da ogni furore novecentista. La sua poesia è limpido rivo che scorre da una fresca sorgente. Fine a se stessa, è un piacere dello spirito per lo spirito. Non vaticina, ma incanta. Non ha pretese di innovazioni ed è nuova. E' romantica, ma non metafisica. E' fatta di speranze e di bontà, di senso religioso. E' accessibile a tutti e il  lettore se ne nutre rivivendo stati d'animo universali: il suo, quelli di tutti.
È un mezzo per attingere l'arcano del sogno, il mistero della conoscenza suprema che si annida in ogni cosa creata.
Per questo è vera poesia e di tutti tempi: canto e meditazione, musica e luce.

Milano 7 giugno 1939

Vincenzo De Simone



NOTTE D’AGOSTO

Per il viale silente ai piedi del vecchio castello
solo muovo pensoso ne la notte serena.
Cespugli di ginestre, sottili cipressi ed acacie
frondose lungo l'orlo, penduli su l'abisso,
precludono al mio sguardo la valle e le creste dei monti
che, dolce degradando, toccano l'orizzonte.
Alta la luna piena nel limpido cielo veleggia
e investe di sua luce le campagne bianchiccie
di stoppie e gli uliveti che, sparsi d'intorno sui clivi,
paion cumuli d'ombre caduti dal mistero.
Tra le immobili fronde la luna m'insegue veloce:
come lucida spola lascia argento nei rami;
e il monotono verso, continuo, infinito dei grilli
de la notte profonda fa più grave il silenzio.
Mi fermo ad una curva protesa su l'aspro dirupo
quale ponte di nave, spoglia d'alberi e grigia.
e l'orizzonte attingo con ansia inesausta di volo
verso lidi di stelle noti solo al poeti.



CIPRESSO

La tua ombra m’è grata,
secolare cipresso,
che guardi la vallata
da tranquillo recesso.

Sotto i tuoi rami spesso
vedo l'alba rosata,
o l’ultimo riflesso
d’una dolce giornata.

Simile a un nume intento
domini, dal tuo eremo,
de la vita ogni evento.

E soave è il concento
che bisbiglia: « morremo »
se ti carezza il vento.




una lettera
di Nino Savarese
a Giuseppe Fontanazza



A UN AMICO

Lodiamo il cielo! I codici e i contratti
non han sopito in te l'amor del bello
se, come vedo, ancor la musa tratti
qual'orafo gentile un suo gioiello

sia che l'imagin fermi ne l'anello
di strofe d'alta tempra, o che l'adatti
in sonetti a lo stile del Burchiello,
il poeta barbier matto fra matti.

Chiara, fresca, sonora come getto
d'acqua sui marmi di romita fonte
canta la gioia del tuo core eletto;

e la bontà del greco Anacreonte,
il poeta d'amor sempre diletto,
per te rivive in più serene impronte.



lettera di Liborio Falautano



RASSEGNAZIONE

Poi che così a te piace così sia,
madonna bella scesa da l'altare
con gli occhi pieni di malinconia
e la boccuccia che non vuoi parlare.

A me non resta che di lagrimare
sul dolce sogno de la vita mia
che s'accinge ne l'ombra a dileguare
dopo tant’anni lunghi d'agonia.

Soffro ben mille pene in un momento
s'or t'incontro e non curi il mio saluto,
languidi gli occhi e reclinando il volto;

ma il dolore da te non m'ha distolto
e se l'anima piange il labbro è muto,
che un soave morire è quel che sento.


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Un documento epistolare tra Savarese e Fontanazza  riguardante il romanzo "I fatti di Petra"

Il romanzo « I fatti di Petra » , pubblicato nel 1937, rappresenta uno dei momenti più felici della narrativa di Savarese.
In quest'opera traspare l'amore vivo e profondo dello scrittore per la sua bella terra, amore che lo spinge a rivangare con interesse appassionato nelle antiche cronache per cercarvi figure e avvenimenti dimenticati, che gli fa porgere l'orecchio attento alle voci dei cantastorie sulle cui bocche fiorivano le leggende antiche dell'isola. E in questa indagine trova posto la predilezione istintiva dell'autore per tutto ciò che è semplice e intatto, il suo interesse per le ampie rievocazioni storiche, la ricerca di quelle leggi eterne che valgono ancor oggi, che guidano nell'identica maniera i destini degli uomini del presente e del passato.

La storia di "Petra" è la storia di Castrogiovanni, invenzioni e miti si mischiano a storie e personaggi autentici.
Il racconto della "Donna Volante" inserito nel romanzo si riferisce ad un avvenimento realmente accaduto intorno al 1895.
Nell'archivio di Giuseppe Fontanazza, direttore della biblioteca, una lettera di Savarese che chiede a Fontanazza di indagare tra gli anziani del "Circolo"  se ricordano le parole della donna volante rivolte al popolo prima di librarsi in volo.   


la trascrizione della lettera di Savarese

Caro Fontanazza le chiedo una cosa molto strana, ma abbia pazienza sto facendo un lavoro di ricognizione su certi fatti della nostra città è mi occorre di sapere qualche particolare di quel fatto, allora straordinario, che fu la trasvolata, immagino il semplice innalzamento, di una donna con pallone che accadde in piazza Municipio, credo, verso il 1895 (non ricordo la data).

Qualcuno deve ricordare il fatto (sia qualcuno del circolo o Don Mariano o altri) e vorrei sapere specialmente le parole che la donna volante disse al popolo di Castrogiovanni perché ricordo benissimo che la trasvolatrice (?) prima di innalsarsi in aria disse delle parole al popolo.

Cerchi di accontentarmi caro amico e mi dia presto qualche notizia. Cosa fa lei ? La biblioteca è pienamente in attività ?
Tanti cordiali auguri e affettuosi saluti dal suo

                                   Nino Savarese
Roma 8 gennaio 1936


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