I cuori di stoffa in Santa Maria del Popolo
15 giugno 2014, in onore della Confraternita del Sacro Cuore e della Devozione al Sacro Cuore di Gesù pubblichiamo in anteprima un articolo tratto da un saggio di Rocco Lombardo "Gli ex voto cuoriformi custoditi a Enna dalla Confraternita del Sacro Cuore di Gesù nella Chiesa di Santa Maria del Popolo" destinato a confluire in "Atti di storia locale", Nicosia 20-11/2014, a cura di Salvatore Lo Pinzino. Foto di Salvatore Lo Pinzino.
L'articolo fa parte di una serie di tre articoli estrapolati sempre dallo stesso Saggio: "Storia della Confraternita del Sacro Cuore", "Gli ex voto: origine e caratteristiche" © riproduzione permessa con citazione delle fonti.
I cuori di stoffa in Santa Maria del Popolo
di Rocco Lombardo
Presso la chiesa di Santa Maria del Popolo, per struttura architettonica e vicende storiche collegata all’omonimo monastero carmelitano soppresso a seguito delle leggi eversive del neonato Regno d’Italia (1866-1867) e attualmente sede della Confraternita del Sacro Cuore di Gesù, è custodita una raccolta di ex voto di tipologia particolare, esattamente cuoriforme.
Si tratta di 34 oggetti devozionali di stoffa, adorni di decori ricamati, verosimilmente risalenti agli anni a cavallo tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, di cui un solo esemplare reca sul verso una dichiarazione individuante l’esecutrice e l’epoca (Ricordo fatto da me zelatrice Maria Vigiano di Michele al Sacro Cuore di Gesù 17-10-1897 con filo da ricamo di seta o cotone di vari colori. La Vigiano nel qualificarsi “zelatrice” ci conferma l’esistenza anche tra i fedeli ennesi di un gruppo, molto esteso nell’orbe cattolico, avente lo scopo di convertire il mondo al cattolicesimo e di affrettare la venuta del regno di Cristo con intense preghiere e pie pratiche rivolte al suo Sacro Cuore. Trattasi di quell’Apostolato della Preghiera richiamato in qualche locale documento d’epoca e che, sorto in Francia verso il 1844 in ambito gesuitico e presto divenuto una delle associazioni strettamente religiose più diffuse, era costituito appunto da zelatori e da zelatrici e si prodigava con le più opportune forme di pietas a diffondere la devozione verso il Sacro Cuore, tanto da assumere talvolta la denominazione di Pia Lega del Sacro Cuore. Fra le sue pratiche devozionali poteva ben comprendersi la realizzazione degli ex voto cuoriformi eseguita personalmente dalle adepte, come ci rivela l’affermazione della Vigiano. Ma, data la varietà dei casi risalenti anche a devoti incapaci di confezionarli, non è da scartare l’ipotesi che la maggior parte dei “cuori” pervenutici siano stati eseguiti dalle suore carmelitane del monastero di Santa Maria del Popolo, che continuarono a realizzarli anche quando, dopo l’esecuzione delle leggi eversive, abbandonarono la loro secolare dimora per essere accolte dalle consorelle di quello di San Marco, pur esse notoriamente dedite, tra l’altro, a lavori di cucito, rammendo e ricamo, in cui mostravano particolare attitudine e abilità.
E magari furono incaricate di eseguirli dagli zolfatai o dai loro congiunti, attorno ai quali sin dalle origini ruotava la confraternita del Sacro Cuore e il cui ambiente lavorativo era soggetto a continui rischi, meritevoli perciò di celeste protezione, mentre quello sociale era tristemente noto, a torto o a ragione, per comportamenti blasfemi e dissoluti, irriverenti verso il Cristo e bisognosi pertanto di atti riparatori nei suoi confronti. Non è difficile opinare che le due circostanze possano aver dato origine, dato il tipico carattere della religiosità popolare dell’epoca, al radicarsi della consuetudine dell’offerta di questi cuori devozionali.
Oggi quelli pervenutici possono quasi certamente considerarsi i superstiti di un gruppo di 54 ex voto che ritroviamo inventariati in una lista di “oggetti offerti dai fedeli al Sacro Cuore di Gesù esistenti al 1910 nella chiesa del Cimitero di proprietà comunale e consegnati ai rettori della Congregazione del Sacro Cuore con diritto di portarli in altra Chiesa, giusta richiesta” . L’elenco è firmato dal sindaco dell’epoca e dai confrati Gaetano Orefice, rettore, Carlo Sinicropi, segretario e Mariano Termine. Di questi 54 “cuori”, segnati al numero 8 del predetto elenco e forse soggetti a successivi incrementi per la costanza della devozione, oggi ne mancano venti, che evidentemente si sono dispersi nel corso delle vicissitudini che hanno interessato la Confraternita nei vari trasferimenti di sede, più avanti descritti.
Tutti, all’epoca, furono in modo approssimativo definiti “di seta” e tutti si ispirano al cuore non solo per la forma ma pure per il motivo ornamentale predominante, entrambi aventi un chiaro riferimento al Sacro Cuore di Gesù, cui è intitolato il sodalizio confraternale che li possiede. E tuttavia non si deve trascurare l’importante dettaglio che, come già detto, il cuore in molte occasioni rappresenta un ex voto generico, detto appunto “cuore devozionale”. In tal caso spesso contiene iniziali, insegne araldiche e iscrizioni se relativo ad un singolo donatore o ad un gruppo parentale, oppure accoglie sigle collegate ad associazioni, confraternite e sodalizi vari, come accade all’oggetto, segnato al n. 21 dell’elenco sopra citato e costituito da una “lamina d’argento a forma di cuore portante le iniziali C.P.R. alta m 0,18 per 0,14”, oggetto che precede 10 anelli d’oro e 17 paia di orecchini (indicati ai successivi numeri 22 e 23), dichiarati consegnati “a titolo di deposito con obbligo di restituzione al Comune su richiesta dei fedeli” se li avessero “reclamati”. E forse li hanno “reclamati”, visto che oggi non esiste traccia né della lamina argentea né dei monili, forse di modesto pregio ma certo di gran valore affettivo per i donatori, affrettatisi a richiederne la restituzione.
I 34 ex voto pervenutici sono tutti confezionati con stoffa adorna di ricami per lo più a tema floreale e imitanti ovviamente la tipica forma del cuore, il cui simbolo è inoltre riportato, trafitto o contornato da spine, sormontato da fiammelle o culminante in piccole croci, sul corpo del tessuto, dove è realizzato ricorrendo ai punti più vari con filo di tonalità rosse, spesso coprenti una lamina metallica adeguatamente sagomata, non sempre pervenutaci integra.
Le bordure che li contornavano sono per lo più tanto sfilacciate da farne in qualche caso solo immaginare l’originaria presenza; i fiocchi, i nastri e le coccarde che li decoravano si presentano incompleti e sbiaditi nei colori, in origine viranti al rosso acceso, al viola cupo, al blu scuro.
Quanto alle frequenti spine, croci, fiammelle, sono dettagli iconografici che hanno radici antiche, riscontrabili precipuamente in contesti agostiniani, come attestano tante testimonianze artistiche, specialmente pittoriche, dove Agostino (354-430), il santo vescovo originario di Tagaste, è rappresentato con in mano un cuore fiammeggiante trafitto da una freccia. E in tale atteggiamento lo vediamo raffigurato anche in tanti quadri sparsi in Sicilia, tra cui quelli presenti a Licata, Corleone e Centuripe, tutte opere ispirate a quel che il santo, per l’occasione definito “cardioforo”, aveva lasciato scritto nelle sue Confessioni ( IX, 2,3):
“Sagittaveras tu cor meum charitate tua (Avevi trafitto il mio cuore con il tuo amore)”.
Quanto al cuore riferito a Cristo, esso, assumendo la denominazione di "Sacro Cuore", si trova spesso nelle raffigurazioni dell'arte occidentale, dove è visibile sul petto dell’immagine del Redentore, oppure impresso nella "Medaglia miracolosa", in cui due fasci di luce, uno rosso e uno bianco, si irradiano dal torace di Gesù a simboleggiare il sangue e l'acqua fluiti dal suo costato, come riporta Giovanni nel suo vangelo dicendo:
“ [ I soldati] invece, venuti a Gesù, quando videro che era già morto, non gli ruppero le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli aprì il costato, e subito ne uscì sangue ed acqua.”
Tutti gli ex voto in esame presentano un recto e un verso: sul primo sono ricamati il cuore, qualche volta esibente una ferita sanguinante ma più spesso fasciato o attorniato da una corona di spine; contornato da spighe di grano, foglie, fiori ora sparsi ora riuniti in mazzetti da un nastro annodato; ornato da scritte [es: Soli Deo Gloria]; sul secondo a volte è riportato il nome del donante [es: Saccaro Biagio] o dell’esecutore del ricamo, spesso coincidenti (es: Maria Vigiano], oppure alcune iniziali o sigle [es: CAM] e/o la data, o una stampiglia a inchiostro, ormai scolorito, ( es: Romeo Antonino-Castrogiovanni).
Non sono rari i casi in cui il simbolo del cuore è costituito da una lamina metallica rimasta a vista, delimitata da un ricamo che fa da cornice, come pure è frequente l’occasione in cui l’ex voto è in genere vistosamente fornito di fiocco o coccarda ( per lo più di colore rosso violaceo o celeste azzurrino) o dotato di una cordicella di cotone o di un filo di spago aventi il compito di fissarlo ad un supporto, probabilmente un labaro o un contenitore adatto ad una esposizione. Qualche esemplare, poi, conserva brandelli di merletto, bordure all’uncinetto o orli di cordonetto e serie di “placchette” circolari paragonabili a leziose pailettes sparpagliate oppure condensate nel vertice inferiore, usate come ulteriore guarnizione. Il filo adoperato per il ricamo oltre ad avere colori netti (rosso, celeste, viola, arancione, bianco, giallo, verde) spesso esibisce sfumature cangianti che consentono al “punto” usato (croce, pieno, lanciato, erba…) di conferire suggestivi esiti nei motivi decorativi, in qualche caso evocanti spighe di grano, chiaro simbolo eucaristico, più spesso raffiguranti nastri annodati e fiori diversi, con preferenza per le viole del pensiero, le rose fiorite o in boccio, i narcisi, i mughetti, le campanule, in cui la gamma cromatica è accentuata, quasi a supplire la carenza di realismo naturalistico o di vena fantastica, frutto di modestia esecutiva.
In particolare un solo esemplare aderisce ai canoni di un forte realismo, formato com’è da un cuore in tessuto rosso “imbottito”, decorato da una croce che sovrasta un arido serto di spine e rifinito da un cordoncino rosso e marrone, guarnito da un fiocco dello stesso tessuto rosso, desinente in due nastri adorni di frange dorate e recanti un motivo floreale semplicissimo. E’ di certo uno dei più caratteristici, ritenuto, non solo per motivi affettivi, addirittura così “prezioso” dal donante, che si preoccupò di applicare sul verso la burbera scritta: “Proprietà di Saccaro Biagio. Non si permette vendere le trecchine [sic!]”. La permanenza nella collezione testimonia che la volontà del donante è stata rispettata, e non poteva accadere diversamente, considerata l’aurea di sacralità che circonda gli ex voto visti come espressione di fede e devozione e testimonianza di momenti esistenziali particolarmente significativi.