Storia del Passo Signore - 2
Breve storia dei ragazzi
del quartiere PASSO SIGNORE
di Pino Vicari
(2° parte)
Il quartiere del Passo Signore
Il racconto è diviso in 5 parti
1a parte - Introduzione
2a parte - Il quartiere del Passo Signore
3a parte - La composizione sociale e la vita comunitaria del quartiere
4a parte - Cenni storici di Enna e del Villaggio di Pergusa
5a parte - Il periodo fascista e la II Guerra mondiale
Piazza San Tommaso
La Chiesa di San Tommaso
La torre di Federico
La Chiesa di Montesalvo
Il crocevia, dove negli anni 30 finiva la città.
Via IV Novembre, a sinistra dal crocevia, era una strada in terra battuta che conduceva al Convento di Montesalvo
Il quartiere del Passo Signore fa parte della parrocchia S. Tommaso ed inizia proprio dalla piazzetta S. Tommaso, dove è collocata la chiesa, attraversa Via Roma e termina al crocevia dell’attuale Viale Diaz e Via IV Novembre.
Una curiosità: questo crocevia, negli anni 30 corrispondeva al punto in cui finiva la città.
Via IV Novembre, a sinistra dal crocevia, era una strada in terra battuta che conduceva al Convento di Montesalvo; sul lato sinistro, a metà strada, tuttora si può ammirare la villa con la Torre ottagonale di Federico II, mentre sul lato destro si collocano ancora oggi due edifici costruiti durante l’era fascista: il palazzo della G.I.L Gioventù Italiana del Littorio e il Palazzo degli impiegati statali INCIS.
Non vi erano altre costruzioni se non boschetti, prati e in fondo un piccolo campo di Calcio.
Via che dal crocevia portava a Montesalvo (attuale Via IV Novembre) A destra del crocevia, l’attuale Viale Diaz, era una lunga strada (se così si poteva chiamare) che portava direttamente al Cimitero.
Sulla sinistra, subito dopo il crocevia, un altro edificio del regime: il dispensario antitubercolare circondato da boschi e prati; più avanti un altro bosco al cui interno accoglieva il macello comunale e il campo militare del tiro a bersaglio; infine sulla destra e poco prima di arrivare al cimitero dei capannoni contenenti materiale militare della prima guerra mondiale. Ecco quali erano le attività artigianali e commerciali lungo la Via Roma iniziando da S. Tommaso fino al crocevia di Viale Diaz e Via IV Novembre.
Seguendo Via Roma sul lato destro, il primo esercizio era un bar, da tutti conosciuto come “il caffè di don Carlo Bellomo”, locale caratteristico poiché si giocava a carte e si mangiava il gelato in estate e il caffè durante le altre stagioni dell'anno. Era un importante punto di riferimento.
Andando avanti c’era lo stagnino “ u ze Michele Campisi “ noto perché ad Enna era l'u nico che saldava le casse da morto al cimitero; aveva una gamba di legno e gli piaceva andare a caccia di colombacci alla rocca della “venova”.
Subito dopo c’era un altro piccolo bar, punto di riferimento per i giovani contadini “ a ze ROSA a Villarusana” teneva nel retrobottega qualche donnina di facili costumi.
Dopo alcuni metri un panificio gestito dalla famiglia Alonzo, vi lavoravano tutti i figli uomini e donne sotto la direzione del vecchio “don Mario u panitteri”; più avanti una donna, altissima e magrissima, “a ze CICCINA a bacchittera” gestiva anche lei una piccola casa di appuntamento con donnette che lasciavano molto a desiderare, nella zia ciccina il prezzo delle prestazioni era molto ridotto.
Sempre sul lato destro, una falegnameria gestita da un signore che ci vedeva poco: di nome faceva Piangiamuri.
Dopo alcuni metri un'altra falegnameria di grandi dimensioni ci lavoravano parecchi operai e figli: il proprietario era don Paolo Barbarino; i numerosi figli di quest’ultimo, negli anni successivi, si dedicarono con successo ad attività commerciali. Più avanti c’era l'unica venditrice di sale, era soprannominata “ a salara”, era una vedova che si dava da fare a vendere il sale a pezzi (non raffinato). Quasi tutte le famiglie si approvvigionavano da lei perché il prezzo era più conveniente di quello raffinato, dopo tutto per renderlo tale bastava pestarlo in un mortaio. Poche porte avanti vi era un fabbrica di mattoni e tubi di cemento, vi lavoravano parecchi operai, era gestita da una famiglia agiata ma numerosa, i Salerno, i cui figli collaboravano nell’attività imprenditoriale diretta dal padre; uno dei figli avviato agli studi, laureato in legge, vinse un concorso notarile ed esercitò la professione ad Enna e a Roma. Successivamente la fabbrica dovette chiudere e si dedicarono all'edilizia. Nello stesso fabbricato, al primo piano vi era un'associazione fascista ricreativa denominata“ Gruppo Rionale”, vi erano stanze per i giovani e per gli adulti dove si svolgevano attività ricreative, feste da ballo ed altro ancora; per il quartiere era un punto di riferimento serale. Più avanti c’era la falegnameria Fazzi e ancora più avanti un calzolaio; la calzoleria serviva quasi tutto il quartiere: il proprietario era un certo Cutietta che ebbe la fortuna di fare laureare in Giurisprudenza uno dei due figli (Francesco) e che esercitò la professione di avvocato ma morì giovane.
Più avanti ancora uno dei più grossi artigiani del ferro battuto, la famiglia Tranchida il quale esercitava il mestiere del fabbro ferraio in un locale molto spazioso. La famiglia Tranchida era una numerosa famiglia di artigiani, dieci figli maschi e una figlia femmina, tutti sottostavano al capo famiglia; erano una delle più grosse famiglie di artigiani, conosciuti ad Enna e fuori Enna.
Il padre era anche noto per la sua forte fede socialista; non aderì mai al fascismo. I numerosi figli maschi, da piccoli, fecero la loro esperienza nella bottega; infatti due di loro, il più grande e il più piccolo, dopo aver fatto la scuola elementare vollero proseguire l’attività del padre, mentre gli altri continuarono gli studi e una volta diplomati due dei figli fecero l’università e si laurearono affermandosi socialmente come stimati professionisti. Alla fine di Via Roma, all’altezza del crocevia, un grosso fabbricato era stato un mulino e poi un pastificio; per tantissimi anni rimase disabitato tanto da meritarsi una curiosa nomea: c’erano “gli spiriti”! Tutta la gente del vicinato avrebbero giurato che di notte si sentivano strani rumori e grida di persone; noi ragazzi stavamo alla larga da quell’edificio, specialmente di sera per paura dei fantasmi. Tanti anni dopo, un ex maresciallo dei carabinieri comprò quell'immobile e vi aprì un bar: dei fantasmi non si parlò più!
Facendo ritorno sul lato destro e lungo la Via Roma verso la chiesa di S. Tommaso, tra le prime botteghe c’erano degli artigiani che esercitavano le attività di “BASTAI”: vendevano corde, selle, costruivano barde per muli e asini, attrezzi di cuoio per gli animali che tiravo l'aratro e tantissimi oggetti che servivano ai contadini nelle loro attività; e poi piccoli esercizi alimentari e di frutta e verdura, uno particolarmente conosciuto con il nomignolo di “bozzilurbu” perché gli mancava un occhio e i popolani fecero presto a chiamarlo con quel soprannome.
In una traversa vi era ubicata l'unica fabbrica di ghiaccio di Enna, era gestita dalla famiglia Perna e forniva tutti i caffè e le gelaterie. Il ghiaccio veniva portato nei caffè e nelle gelaterie con un carretto trainato da un asino, per noi ragazzi era uno spasso, al passaggio del carrettino cercavamo di distrarre il conducente, quasi sempre una persona anziana, e con le pietre dure rompevamo “rombavamu” quei blocchi di ghiaccio a forma di parallelepipedo e rubavamo pezzetti di ghiaccio. La strada era arricchita da altre due botteghe di generi alimentari la prima la conoscevamo come la bottega della “MARRA” (soprannome) il vero cognome era Savoca; di seguito “appressu” l'altra bottega di generi alimentari gestita dalla famiglia Lo Giudice e subito dopo la bottega di un calzolaio, suonava nella banda cittadina Subito dopo, la Via Roma veniva interrotta da una inferriata che si affacciava su uno spiazzo di terra battuta dove da ragazzi giocavamo; l'inferriata esiste ancora e risale alla fine dell'Ottocento: la piazzetta si chiamava Piazza Nicosia.
Subito dopo l'inferriata due botteghe, una di frutta e verdura e l'altra Di generi alimentari, erano gestite dalla stessa famiglia, i figli maschi badavano alla bottega di frutta e verdura mentre le femmine a quella di generi alimentari, il soprannome conosciutissimo era”a zi SARIDDA” cioè la zia Sara, il cognome era La Vigna (esiste tuttora, un nipote fa il corniciaio); dopo pochi metri una rivendita di vino gestita dalla famiglia Maddalena, il figlio più grande intraprese la carriera militare e si congedò con il grado di maresciallo dell'esercito, persona sempre disponibile ad aiutare i giovani paesani, l'altro si arruolò nell’Arma dei Carabinieri, da giovane faceva parte del gruppo dei ragazzi del Passo Signore. Ancora qualche metro e il signor Anisio “campava” la sua famiglia con la sua bottega di calzolaio.
Subito dopo vi era una latteria, era della famiglia Timpanaro, che veniva rifornita dal latte prodotto proprio lì, a pochi metri; posta all’interno di un vicolo, c’era una stalla le cui vacche producevano quel latte. Più avanti una piccola cartoleria, subito dopo un barbiere e ancora più avanti un calzolaio, sordomuto, il signor Termine e prima di arrivare alla piazzetta di S. Tommaso la barberia del signor Lombardo.
Nella piazzetta un convento secolare delle suore Canossiane, era molto noto perché davano alloggio alle ragazze che frequentavano le scuole elementari e medie; le buone famiglie affidavano le proprie figlie alle suore e dietro pagamento dormivano e mangiavano nel convento.
La mattina provvedevano ad accompagnarli a scuola e li riprendevano all'uscita; le ragazze venivano aiutate a studiare musica, a fare lavori di ricamo e altre attività.
Nella piazzetta l'unico macellaio della zona, il signor Lo Giudice, che come tutti macellava le carni il Venerdì e vendeva (carni e frattaglie) il Sabato e la Domenica; chiudeva il Martedì poiché le uniche famiglie che si potevano permettere di comprare la carne erano: gli zolfatai, giacché ricevevano un acconto di paga il 15 del mese e il saldo a fine mese, e gli impiegati e i professionisti; in quel periodo erano veramente pochi a “maneggiare soldi”. Enna era, prevalentemente, composta da lavoratori di miniere (di zolfo) e contadini.
U Cuzzu da Musedda corrispondeva alla attuale zona Mulino a vento
“u CUZZU a MUSEDDA”
In un lontano periodo storico il quartiere del Passo Signore era una zona collinare piena di grotte.
Per un momento immaginiamo una grande collina costituita da due cocuzzoli uno a destra (Cozzo Mosella) che iniziava dalla Via Roma all'altezza dell'attuale agenzia del Banco di Sicilia e proseguiva fino alla Via Libertà su cui, in un lontano futuro, sarebbe sorto il quartiere del Passo Signore e l’altro a sinistra che conduce alla Torre di Federico II.
Per trovare la base di questa grande collina occorre discendere più a valle sino alla zona Pisciotto (comprende l’area che partendo dall’attuale Villa Farina giunge alla Chiesa di S. Leonardo detta della Passione) e al Vallone dei Greci (comprende l’area che dalla suddetta Chiesa giunge all'attuale Via Mercato).
In prossimità di quest’ultima Via si diramavano due bretelle, una a sinistra che dirigeva verso la Torre di Federico e l’altra a destra che conduceva a “u CUZZU a MUSEDDA”.
Questa grande collina unita ad un’altra zona collinare e boschiva (l’attuale Spirito Santo) erano parte di un altopiano che fronteggiava la zona bene di Enna anch’essa posta su un altopiano che coincide con l’attuale zona di Lombardia e dintorni.
Purtroppo, non sono uno storico e neppure un archeologo, lavoro di ricordi e di deduzione, ma ho voluto ugualmente fare cenno ad un percorso che, come testimone, possa passare di mano a quei giovani che nel ricercare le proprie radici vogliono conoscersi e far conoscere e per farlo occorre raggiungere e capire il punto di partenza perché, nella storia più recente di Enna, il quartiere del Passo Signore ha avuto il suo posto di riguardo.
Quando ero giovanissimo, tenuto conto dei miei 85 anni, la zona che a metà di Via Mercato (chiamata RABICO) si affaccia verso la Chiesa della Passione era costituita da grotte (tuttora qualcuna esiste) abitate da una colonia greca (detta Vallone dei Greci) tant’è che si chiama Via dei Greci.
Il Vallone comprendeva il lato sinistro (quello appena descritto ) e il lato destro che è posto alla base della Via Mercato, anch’esso tuttora visibile osservando, dalla Chiesa della Passione, il costone collinare della stessa Via Mercato.
Questa Via nasce sui ruderi delle due bretelle, precedentemente citate, infatti ancora oggi partendo dal Rabico da una parte si arriva alla Torre di Federico; mentre dall’altra alla Via Roma (zona Passo Signore), quindi al Vicolo Salerno, alla Via Filonide, alla Via Lo Bue e poi alla sommità del Cozzo Mosella (l’attuale Via Messina).
Oggi, il Cozzo Mosella, è sede in parte dell’Ospedale, del Laboratorio d'Igiene e Profilassi e dei numerosi palazzi dell'Istituto Case Popolari; ma settanta anni fa era un prato con vegetazione spontanea e numerosi orti privati. Anticamente la parte di Via Roma, detto Passo Signore, non era altro che grotte su cui furono costruite parecchie abitazioni a due e perfino a tre piani; molte di queste conservarono alcune delle grotte annesse alla propria casa come ripostigli, dispense, stalle, forni familiari, depositi per la paglia e la legna, come nel caso delle famiglie Salerno, Russo, Barbarino, Germanà.
Per esempio, l’abitazione della mia famiglia, in Via Filonide, era in parte costruita su grotte: al piano terra (a livello della Via Roma) vi abitava la famiglia Gulino con annesse grotte destinate a stalle, forno familiare e deposito per paglia e legna; al piano superiore, abitava la famiglia Impellizeri con annessa la sua grotta e il cui ingresso era dalla Via Filonide; infine, l’ultimo piano, era l'abitazione della famiglia Vicari (dove sono nato).
Percorrendo un altro tratto di via e prima di giungere al Cozzo Mosella, vi erano altre grotte con altrettante civili abitazioni dove abitavano diverse famiglie, ricordo le famiglie Iannello, Chiusa, Alonzo e Pennadoro che vi abitò fino agli anni cinquanta.
Ciò che mi ha spinto a parlarne è la speranza che qualche appassionato di storia, archeologia, certamente più giovane dello stesso scrivente, possa approfondire e perfino scoprire quali insediamenti o quali gruppi etnici abitarono Enna partendo dal presupposto che in questo altopiano trovarono rifugio dai Siculi ai Sicani, dai Greci agli Ebrei, gli Arabi e più recentemente Fundrò dai boschi di Rossomanno (Piazza Armerina). Qui mi fermo, perché mi rendo conto che qualche altro potrebbe approfondire, meglio, questi aspetti.
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