Il Santuario di Papardura - i Miracoli
IL Santuario
del SS. Crocifisso di Papardura
fra leggenda e storia, arte e devozione
di Rocco Lombardo *
Il Santuario di papardura in una cartolina d'epoca (1913)
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"LI miracoli li più portentosi"
e le loro memorie
Di alcuni dei numerosi miracoli operati dal Crocifisso di Papardura ci è pervenuta notizia dal manoscritto del settecentesco frate cappuccino padre Giovanni, diventato per noi, in assenza di altre fonti, un preziosa fonte di indicazioni, resoconti e informazioni, pur con tutti i suoi limiti di attendibilità e precisione.
Da zelante uomo di Chiesa il buon religioso non può esimersi dal riferire "li miracoli li più portentosi" di cui è venuto a conoscenza, verificatisi ai suoi tempi o trasmessi dalla tradizione.
Tra questi ultimi uno è proprio legato al sorgere della Chiesa e considerato "un gran fatto della divina Provvidenza"
"poichè è da sapere che l'elemosina si raccoglie nel tempo della stagione e la festa viene subito ed è stato necessario la spesa della fabbrica e preparazione per la festa farsi prima onde li sudetti quattro procuratori si trovano haver speso del proprio da circa onze cento con fede grande haversi a raccogliere di elemosina tanto in fromento per haere quanto in denaro il giorno della festa e poi fatto il conto dell'introito ed esito alcune volte s'hanno ritrovato d'haver speso di più da circa onze cinque; li detti procuratori, oltre il travaglio, hanno detto questi onze cinque sono puoco per noi, ma però s'hanno fatto venire la chiave del cippo seu boscietta, la quale sta ferma nella chiesa che si raccoglie a grano tutto l'anno la quale la tiene uno delli procuratori ed hanno ritrovato il complimento di tutta la spesa fatta in detto suo anno con grandissima ammirazione ed amministrazione. Per onde tutti allegri e festeggianti hanno lodato la gran Provvidenza divina e li quattro nuovi procuratori con animo allegro hanno accettato detta procura con fare cose più di vantagio d'anno in anno conforme s' have pratticato".
Un altro miracolo si verificò "nel tempo che li maestri pirriatori allargavano la rocca della grotta per poi fabricarci la chiesa e molti genti stavano a vedere la separazione d'una grossa rocca onde si precipitò dalle mani delli maestri detta rocca ed andava a cadere sopra quella gente che vi erano di sotto; d'un subito ripieni di timore di spavento gridarono ad alta voce quelli di sotto dicendo "Santissimo Crocifisso ajutatecci!" e viddero visibilmente trattenersi da se sola quella timpa nel mezzo del camino che faceva per insino a tanto che quelli di sotto s'allontanavano e poi usciti che furono dal pericolo viddero di nuovo precipitarsi detta rocca senz'offendere a nessuno".
A questi due fatti prodigiosi collegati all'edificazione della chiesa il frate cappuccino ne aggiunge un altro successo appunto "in quel tempo che si raccoglieva l'elemosina per impiegarsi per la fabrica della chiesa", riferito col solito compiacimento volto a confermare l'alone di mistero e di prodigio che circondava la veneranda grotta, dove la sacra Immagine dispensava grazie.
Fu appunto che"per alcuni miracoli ricevuti un paesano li diede una vitella per elemosina ed allora li signori procuratori la diedero alli facchini per venderla e nel mentre che si stava vendendo detta vitella il padrone la vidde e ne domandò un pezzo ed il detto venditore d'un subito ce la diede ed andatosene a casa stimo che si pentì dett'huomo d'havercela donata detta vitella ma il Santissimo Crocifisso per dimostrare la sua onnipotenza e che vuole che con ogni amore e fervore di spirito essere temuto, amato, e venerato vedendo quella sua mala volontà e dispiacere di quella elemosina ci fece a conoscere il suo niente, facendoci ritrovare la sua vitella viva dietro alla sua casa".
Con questa notizia padre Giovanni ci informa pure che sin dall'inizio prese avvio la consuetudine, di cui troviamo conferma in diversi atti notarili, di donare alla sacra Immagine non solo denaro e granaglie ma pure animali, mosto, olio, che poi i procuratori vendevano investendone il ricavato per aumentare il decoro della chiesa e rendere più solenni e grandiosi gli apparati festivi'''. Di tanti altri miracoli che riguardavano i singoli fedeli, forse più numerosi e proficui per il rinsaldamento della fede, il frate non fa menzione o per voluta trascuratezza o perché ai suoi tempi se n'era perso il ricordo, preferendo assecondare la tendenza dei devoti dediti a privilegiare l'aspetto portentoso degli eventi che interessavano di più la collettività.
Ma ne resta commovente testimonianza negli ex-voto offerti: quadretti votivi dipinti su tavola o tela e manufatti in lamina d'argento riproducenti le parti anatomiche risanate. Gli oggetti d'argento, racchiusi in cornice, si ammirano su una parete prossima all'abside; le tele e le tavolette dipinte sono invece esposte in sagrestia Quindici di esse (dieci tavole e cinque tele), risalenti ai secoli XVIII e XIX, come attestano le date del 1802 e 1879 apposte su alcune e che pertanto rappresentano i confini dell'arco temporale in cui ricade la loro esecuzione (peraltro presumibile, visto che non tutte sono datate) nel 1992 sono state sottoposte interventi di restauro conservativo.
Sono di autore ignoto, tranne quella riproducente il miracolo concesso a Paolo Giannotta che reca la firma A. Comito ed è un singolare rifacimento di una tavola più antica conservata nello stesso ambiente. Attribuendosi alla loro visione la capacità di contribuire a rafforzare la fiducia dei fedeli nella potenza salvifica del Crocifisso e al contempo ritenendoli una testimonianza dei tanti miracoli che Gli si attribuiscono e per i quali la sua fama si era divulgata ovunque, nei giorni della festa i Procuratori provvedono ad esporre i quadretti votivi sul sagrato, facendone oggetto di stupita ammirazione per il vivace cromatismo che connota la raffigurazione, a volte realizzata con un garbo per nulla vernacolare, e uno strumento di sensibilizzazione devozionale per il messaggio di speranza che trasmette.
PREGHIERE E INVOCAZIONI
Da quando la venerazione alla sacra Immagine di Papardura comincia a diffondersi, i devoti del Crocifisso prendono l'abitudine di affluire al suo santuario in ogni periodo dell'anno ma in modo particolare Gli elevano preghiere nei venerdì di marzo, detti "sagrati" (o sacrati) e riservati ai "potegari e bucceri", "procuratori della chiesa", "bordonari e panettieri", "maestri di tutte le arti", e nei giorni festivi che Gli si dedicano a maggio e a settembre.
Alla invocazione che già il settecentesco padre Giovanni dei Cappuccini riporta "Santissimu Crucifissu di Castrugiuvanni, aiutatici!" che ci sembra ancora di sentire echeggiare sul sagrato da una folla di devoti grati o speranzosi, si accompagnavano vari tipi di invocazioni, meditazioni e preghiere, singole o articolate in Rosario, tutte eseguite con convinto fervore, di cui diamo un florilegio, magari incompleto o a volte non riconducibile con assoluta pertinenza al nostro Crocifisso di Papardura ma sufficiente a testimoniarci nei suoi brandelli memoriali la gran devozione che era dedicata alla miracolosa Immagine. A essa, comunque, con sicurezza i fedeli ennesi dedicavano in modo precipuo U Rusariu de tri Cruci e soprattutto U Rusariu ò Crucifissu, articolato in una sestina di endecasillabi recitata una volta e una ottava di ottonari recitati dieci volte, in sostituzione del Pater Noster e dell'Ave Maria del Rosario tradizionale.
I
Santissimu Crucifissu Abbannunatu
Pazzu haiu statu ca nun haiu vinutu
Ora ca m'hatu chiamatu haiu vinutu
Pirdunatimi e datimi aiutu.
II
Gesù, senza di Vui comu haiu a fari?
Gesù, senza di Vui chi haiu a diri?
III
Rusariu ò Crucifissu
Santissimu Crucifissu Abbannunatu
Ha tantu timpu ca nun haiu vinutu
Tant'anni malamenti haiu campatu
E pi sèrviri a Vu' sugnu vinutu.
Ora ca sugnu a lu Vostru latu
Pi carità, Vi pregu, dàtimi aiutu.
Santissimu Crucifissu
Siti misu `n tribunali
C'è na pòvira criatura
Ca si voli cunfissari.
- Ma chi bbuj, piccatura?
- Misericordia, Signuri,
Misericordia e pietà:
st'arma mia si sarvirà.
IV
Cunsulaturi miu Vui sulu siti
Cunfortu di l'afflitti e scunzulati
Vui sulu cunsulari mi putiti
In ogni angustia è mia nicissitati.
A cunsularmi, o Gesù miu, viniti
Si piaci a Vui non mi tribbulati
Vui ch 'ogni bbeni e ogni cuntentu aviti
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* Tratto da "Il Santuario del SS.Crocifisso di Papardura, fra leggenda e storia, arte e devozione" di Rocco Lombardo,
pubblicato a cura della Deputazione dei Massari del Santuario di Papardura, ed. Fontana 2001.